Tortour Cyclocross: due parole, due errori macroscopici.
Innanzitutto la parola ciclocross: per quel che ne so io grazie alle mie esperienze da telespettatore notturno, le gare di ciclocross si corrono su brevi circuiti disegnati su un prato con picchetti e fettuccine per incanalare i corridori.
Il Tortour Cyclocross invece, con mia grande gioia, è una tre giorni di meravigliose pedalate a zonzo su vere strade di campagna lungo il Reno ed i suoi affluenti, tra colline coltivate, pianure, boschi, fattorie antiche, campi di kartoffeln mit krauten, baite, qualche paesino e meravigliosi drittoni che tagliano i boschi a perdita d’occhio… due ampi giri in campagna, con salite vere e paesaggi da classiche del nord, che non hanno molto in comune con le gimkane dei circuiti da ciclocross.
Una bella pedalata nella natura che – e qui veniamo al secondo errore – per noi quasi milanesi imbruttiti nostro malgrado dalla cementificazione della Brianza è un grandissimo piacere, non certo una tortura (*), nonostante gli organizzatori si siano concessi qualche volta di troppo il piacere sadico di far scendere i ciclocrossisti per ripide scalette e farli risalire 10 metri avanti.
Nel complesso, sono 175 km con circa 3.000 mt. D+, divisi su 3 giorni, su piste ciclabili, qualche strada asfaltata di raccordo, qualche odiata scaletta e per la maggior parte strade carrozzabili o single track con fondo in terra dura, ghiaino, sassi, fango o anche neve … guardare il video ufficiale per credere.
Se la si prendesse con spirito agonistico, mi sa che la parola tortura non sarebbe effettivamente fuori luogo; se invece ci si accontentasse di duellare con il glorioso BKLK.it Team per la penultima posizione in classifica, facendo le discese a 20 km/h ben aggrappati ai freni, procedendo appaiati per guardarsi in giro e tenere sotto controllo le condizioni dell’asfalto senza dover continuamente allungare il collo oltre il culo del ciclista davanti diventa una gran bella passeggiata (*), un allenamento eccezionale per riprendere la forma ad inizio stagione ed un’ottimo modo per buttar giù i chili messi su a Natale (anche perchè, se non bastasse lo sforzo in bici, la birra a 12 euro e i sandwich a 15 euro sono un bell’incentivo a ridurre il carico di calorie fuori pasto).
In conclusione, anche per chi come me non è mai salito su una bici da ciclocross, tutto tip-top (*) per dirla in lingua locale.
Dove ?
A Glattfelden, nella Svizzera Tedesca, a due passi da Zurigo e Sciaffusa (il che spiega il costo della birra), attorno all’Hotel Riverside, una vecchia centrale elettrica ristrutturata benissimo, salvo qualche trovata architettonicamente all’avanguardia come le pareti del bagno in cristallo purissimo.
Dal 2018, ci sarà un’alternanza con Gstaad: un anno d’inverno a Glattfelden, un anno d’estate a Gstaad, dove probabilmente l’evento si trasformerà però in qualcosa di molto più simile a un GF in mountain bike e forse perderà la sua originalità.
Il percorso
Primo giorno, un circuito di 2,5 km e 70 mt D+ attorno all’albergo … un bell’aperitivo.
Secondo giorno, una passeggiata di 80 km lungo il Reno fino a Sciaffusa, su e giù dagli argini, saltando da un affluente all’altro e poi bighellonando per la campagna e le colline; la giornata meno dura (1.000 mt. D+) e la più varia come paesaggio … decisamente la più bella delle tre (qui il relive), nonostante qualche scaletta di troppo per i miei gusti.
Terzo giorno, su e giù per coline e boschi, su e giù, su e giù e ancora su e giù senza un metro di pianura per 72 km e 1.700 mt. D+ (qui il relive); decisamente la giornata più dura, con percorso che attraversa colline coltivate e boschi, sempre bellissimi, ma con un panorama un po’ meno vario.
Per chi ?
Per i professionisti del ciclocross e per chiunque abbia voglia di qualcosa di diverso, anche se – come noi – non è mai salito su una bici da ciclocross fino al venerdì mattina; a condizione che non ce la si prenda se in discesa tutti gli altri andassero il doppio.
Clima ?
Ai più attenti non sarà sfuggito che ogni tre parole c’è un asterisco, che significa “e se avesse piovuto ?”.
Noi abbiamo avuto la fortuna (e, sottolineo, fortuna) di trovare due giornate nuvolose con temperature comprese tra 1 °C e -2 °C, ma asciutte. Se avesse piovuto e/o nevicato come nel 2016, non so se avrei la stessa opinione della manifestazione (né per la verità giurerei che mi sarei presentato al via); oltre al freddo, pioggia significa fango, fango significa ruote che affondano e slittano, ruote affondate significa fare una fatica da Mortirolo per andare a 10 km/h in pianura e un Mortirolo lungo 80 km in effetti molto probabilmente significa … tortour … forse in caso di pioggia gli organizzatori non avrebbero avuto torto!
In poche parole, tutto perfetto (o tip-top, che dir si voglia) con l’asciutto, bellissimo se guardi le foto dei ciclocrossisti che attraversano campi innevati nel 2016, non so quanto bello se la pioggia cade su di te e rimani impantanato nel fango.
In ogni caso, se anche si fosse fortunati con il clima, non è il caso di lesinare sull’abbigliamento; con – 2 °C, tra una giacca di ottima qualità e una così così ci passa il trasformare una bella giornata in un incubo.
Le bici
Noi abbiamo usato una Canyon Inflite – molto scattante, ma anche molto nervosa (la coperta d’altra parte non può non essere corta da qualche parte) – ed una Ritchey in acciaio presa a noleggio da Rush Bike, a Malgrate (LC), molto più pesante e con gomme molto più larghe.
Inutile dire che nei tratti in asfalto avrei buttato la Ritchey nel fiume, nei tratti sterrati e soprattutto sulle discese la sua stabilità dava una sensazione di maggior stabilità molto apprezzata.
[…] poter uscire con il solo intimo sotto senza morire di freddo anche alle temperature sotto zero del Tortour o per fare il Muro di Sormano ad inizio dicembre (qui il video della sgambata), sufficientemente […]