Partiamo per Briancon alle 21 di venerdì sera dopo aver deciso la formazione tipo che schiereremo sull’Izoard. Simone partirà con una bellissima Basso Diamante, nonostante i dubbi su dimensioni e posizione in sella, bon courage!

Ci presentiamo alla partenza dell’Etape du Tour con il team di BKLK al completo, non succedeva dai tempi della Mallorca312, io e Giovanni per il secondo anno consecutivo, Simone per la prima volta. L’evento, per chi non lo sapesse, riprende il percorso di una tappa del Tour de France, normalmente la più iconica tra quelle presenti in calendario. L’anno scorso fu il Col de Jaux Plan, quest’anno abbiamo percorso la tappa di oggi la 18^ tappa del Tour che include il mito del Col de Izoard, dove Coppi ha scritto pagine di storia, ricordate da un monumento posto quasi in cima alla strada che conduce al passo.

Sabato lo dedichiamo a una passeggiata per le vie di Briançon, da dove partirà questa nuova avventura. Quantomeno io e Simone, Gio rimane in camera a dormire e sarà una costante di questa due giorni francesi…

Se la città bassa è anonima e poco montana, la città medievale abbarbicata sulla collina che domina la città è invece molto caratteristica, con grandi mura e viuzze strette che dipartono dalla via centrale con il caratteristico rivolo d’acqua dove se ci fossero dei bambini farebbero partire una barchetta di carta per vederla correre veloce su questo piccolo ma velocissimo corso d’acqua.

Andiamo al villaggio per scoprire i vari stand e capire come l’organizzazione ha pensato di presentare l’evento. Il ritiro del pacco gara è di contorno rispetto a giochi, esibizioni, mega schermo, bar, gadget, eventi e ovviamente tanti stand degli espositori dove perdere la testa.

Chi ha vinto la gara dei BKLK?

Il giorno della partenza ci rechiamo non troppo presto verso la griglia, ci fidiamo di quanto suggerisce l’organizzazione con i tempi di partenza previsti. Cerchiamo di non svegliare Gio che dorme beato: ha giustamente deciso di godersi l’Izoard evitando di arrivare spossato senza allenamento. Le previsioni sono ottime: sole e temperature in aumento, rispetto ai 24 gradi di massima registrati nei giorni scorsi.

Partiamo per affrontare una prima parte molto mossa e in costante pendenza negativa. L’ideale per scaldare le gambe e prepararsi per il resto del percorso. Attraversiamo velocemente la valle Briançonnais costeggiando il fiume Durance con discese veloci, falsi piani e tratti in salita che si alternano continuamente.

Perdo Simone al primo ristoro a 40Km dove non avevo in programma di fermarmi, mentre lui, capirò poi, deve fare delle microregolazioni alla sella della sua bellissima bici. Tra l’altro il melodico suono sordo del suo Campagnolo EPS “swiiiift” iniziava a darmi sui nervi da tanto sembrava la perfezione fatta cambiata: “swiiiift”, rispetto al mio assolutamente meccanico: “cla clang”!

Il primo impegno di giornata è un colle di terza categoria che superiamo quasi di slancio, forti delle medie sin qui tenute.

Abbiamo già percorso 60Km e siamo giunti sulle sponde del lago di Serre-Ponçon che ammiriamo: le sue acque sono turchesi come quelle delle migliori spiagge della Sardegna. Uno spettacolo che migliora via via che ci inoltriamo nella gola che dovremo risalire che prende sempre più le forme di un vero canyon bucato dalle gallerie buie ottimamente segnalate dall’organizzazione.

Mi fermo al ristoro di Barcelonnette allo scoccare dei primi 100Km, da qui la faccenda inizia a farsi seria. Tantissimi ciclisti che mangiano, bevono, cercano di parcheggiare la bicicletta e si gettano sotto il tendone per fare il pieno.

Dopo il piacere del rifornimento e delle strade con pendenza negativa, il percorso inizia a salire con inesorabile costanza verso la prima montagna di giornata, il Col de Vars appunto. Una salita che negli ultimi 5Km non dà un attimo di respiro diventando particolarmente impegnativa.

A circa 2Km dalla vetta mi raggiunge Simone e mi saluta con un eloquente “Max putain!”. Nessuno prima di quel momento mi aveva chiamato in quel modo, ma come dagli torto? Io non me l’aspettavo così dura questa salita senza tregua e neppure Simo, che a giudicare dall’esclamazione si è trovato nella mia stessa situazione.

Lo scollinamento è sancito da un mai così utile rifornimento di liquidi: la temperatura nonostante l’altitudine inizia a farsi sentire. Riparto per affrontare una bellissima discesa, su una strada larga e con un asfalto che sembra un biliardo, mentre Simone si ferma per riprendere le forze dopo lo sforzo per salire sul Vars.

Discesa spettacolare dove mi esalto con le Vittoria Grafene nuove di pacca. Le ho montate la sera prima: la sensazione è stata quella che si prova quando arrivi a casa e apri la confezione del nuovo smartphone o di un nuovo gadget e senti quel profumo di nuovo che esce dalla scatola. Gli pneumatici vecchi avevano sulle spalle più di 6.000Km e nonostante tutto ho faticato a convincermi che era giunto il momento di sostituirli.

Supero tantissimi ciclisti evidentemente non abituati a queste pendenze e a queste discese. Non sono certo io a essere diventato un campione, anche se le nuove Vittoria potrebbero avere un ulteriore merito.

Al termine di questa spettacolare discesa entriamo a Guillestre dove con mia sorpresa veniamo accolti come se ci fosse una festa: al mio ennesimo “Alesì!” di giornata le persone che si assiepano lungo le transenne esplodono in un urlo gioioso e fragoroso, sembra di essere a una vera tappa del Tour de France: bandiere, trombette, famiglie e bambini festanti a bordo strada ci fanno sentire come quei pro che tra qualche giorno passeranno su queste stesse strade.

In realtà gli incitamenti li abbiamo ricevuti lungo tutto il percorso da famiglie che si sono messi a bordo strada anche con i loro lettini, ma qui l’incitamento diventa festa con tanti cinque ai bambini che ci attendono a bordo strada, merveilleux!

Qui trovo anche l’ultimo punto di ristoro prima di attaccare l’Izoard. Il caldo continua ad aumentare e riempire le borracce è un obbligo per evitare di soffrire lungo i chilometri che da qui ci porteranno in vetta.

Decido di togliermi l’intimo che mi ha tenuto asciutto fino a questo punto, l’unico errore di giornata. Da questo momento in poi infatti perdo la sensazione di asciutto (effetto pannolino direbbe qualcuno…) avuta fino a quel momento. Vero è che è proprio da questo punto che inizio a usare una delle due borracce per spruzzarmi la testa e rinfrescarmi la schiena, il caldo aumenta implacabilmente.

La strada in questo tratto è meravigliosa. Si inerpica con dolcezza verso le pendici del mito con una leggera pendenza che permette di godere della gola che stiamo attraversando. L’acqua limpida e suppongo gelida del torrente che scorre a lato della strada continua a richiamare la mia attenzione e quando scorgo delle pozze profonde penso a quanto sarebbe bello potermi immergere e sentire l’acqua gelida sulle gambe e sulla testa. Ne pas posible! Mi metto a ruota e mi faccio portare, sempre alla giusta andatura senza mai esagerare, ora nelle gambe ci sono già 150Km.

La vera salita all’izoard è sancita da una svolta a sinistra dove subito dopo troviamo la prima indicazione delle pendenze che ci aspettano nel chilometro che stiamo per percorrere. L’inclinazione della strada è ancora moderata e si riesce a spingere a un buon ritmo. Quello che infastidisce è il caldo opprimente che tutti iniziamo a soffrire. Mi faccio bagnare dai gentilissimi e provvidenziali spettatori attivi che con le loro bottiglie e bidoni ci spruzzano acqua gelida in testa e sul corpo: merci! Qualcuno ha girato una delle pompe che irrigano i campi verso la strada, garantendoci una fugace doccia fresca al nostro passaggio, tres bien! Ma non basta.

L’ultimo rifornimento di liquidi è posto a 9 Km dalla vetta. Quelli più duri che hanno una media tra il 9 e il 10%. E il muro che si profila lungo la strada lascia intendere che non sarà per nulla facile. Riparto dopo aver fatto scorta di acqua e di ombra, che faticherò a trovare su questo ultimo tratto ad alta quota. Da qui fino alla breve discesa a 2Km dall’arrivo le pendenze che supero e l’altitudine fanno urlare le gambe dallo sforzo. Sono ormai sopra i 2000m.

Mi fermo per ammirare il paesaggio che trovo proprio in cima al breve tratto di discesa, convinto, non so perché, di aver raggiunto ormai l’arrivo. Scatto un paio di foto perché lo scorcio è di quelli che meritano: una pietraia infinita in una vallata chiusa, da cui spuntano massi scolpiti dal tempo e che emergono spettrali dalle pietre che ricoprono il terreno. Il cielo terso e il sole che splende rendono questo paesaggio assolutamente indimenticabile.

Lungo la breve discesa scorgo l’omaggio a Coppi che guardo velocemente, pensando al rapporto che lui teneva su questi strappi e che rendono il suo mito per me ancora più unico. Chapeau!

Mi soffermo più a lungo sulla strada che mi porterà al traguardo. Possibile che manchino ancora tutti quei tornanti per arrivare in cima? Come è possibile che 2Km siano così lunghi alla vista? Eppure è veramente così. Un paio di Km al 10% che non mi lasciano più fiato, nemmeno per rispondere al saluto di Simone che avevo perso lungo il percorso: “Maaaax!” … “…” “putain!”.

Arrivo scattando sui pedali e per alzare il braccio di fronte a Didi il diavolo, che mai come ora potrebbe avere la mia anima in cambio di una birra fresca e un massaggio defaticante. Nulla di tutto questo. Mi accontento di un ciglio sull’erba dove mi rilasso per ritrovare le forze e mi addormento per una buona mezz’oretta.

Scatto le foto di rito alla stele dell’Izoard e riparto verso Briancon, lungo altri 20Km di discesa. Il totale sarà più di 200Km.

Nel paese francese c’è il vero arrivo con tanto di tappeto giallo ed esplosione di coriandoli, che manco clamorosamente puntando direttamente alla doccia dell’albergo. Dove ovviamente trovo Gio a letto che si sta riposando dopo aver scalato l’Izoard e fatto il suo medio da portoghese. Geniale. Tolti i sali di sudore di dosso e profumato come un bambino, mi vesto da civile e vado al villaggio a reclamare la mia (meritatissima) medaglia. Alesi!

Per l’Etape Max era vestito Dotout e The Wonderful socks. Casco e occhiali Dotout. Indispensabili i copertoncini in Grafene Vittoria

 

Posted by Max

Ciclista da quando è nato. Ha provato la sua prima bici da corsa nel 2015 perché si erano esauriti gli sport da lui praticabili e ne è rimasto folgorato: "posso tornare a fare sport senza soffrire di tendinopatia!", per poi tornare a soffrire sulle salite attorno al lago di Como. Lavora in aziende digitali da vent'anni e pratica anche la vela (senza soffrire). Ha una Wilier GTR 2015, una Passoni XXTi Campy Super Record + Bora e una Canyon Neuron. Scrivigli a max@bklk.it

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