“Siamo sconvolti nell’annunciare che il passaggio attraverso l’area di Bergell, la scalata al passo dello Spluga e la copertura della Viamala non saranno possibili quest’anno, ma dobbiamo accettare la decisione delle autorità italiane.”

La mail sinceramente dispiaciuta dell’organizzazione, a 10 giorni dall’evento, ci toglie il dubbio di dover decidere se fare il medio o il lungo, per il quale non avremmo avuto la preparazione necessaria.

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Dopo una settimana a controllare con ossessione un meteo che prima dava solo pioggia freddo e neve, partiamo per Lenzerheide, raccogliendo per strada Jan, che si occuperà di girare il video dalla pancia del gruppo.

 

Ritiriamo il numero nella splendida Biathlon Arena, cena frugale dove 2 paste al pomodoro e acqua naturale ci costano un bel settanta ciaccaeffe e andiamo a dormire nel sontuoso PRIVÀ Alpine Lodge. Sveglia alle 5 e alle 5 e 30 non resistiamo al richiamo del bacon. Alle 6:30 lasciamo l’hotel con il termometro che segna 6 gradi. Un cazzo di freddo che diventerà gelo durante i primi 7 chilometri in discesa, nei quali perdo immediatamente Jan. Al km 14 mi fermo ad espletare le pratiche antidoping a bordo strada, e non mi accorgo che lui sfila. Lo aspetto, lo chiamo “Sono rimasto indietro perché avevo freddo”. Lo aspetto ancora, passano 10 minuti. “Dove Sei???”. “Al km 27” “Bene, il ti stavo aspettando al 14esimo”, dove nel frattempo sono passati ovviamente tutti i partecipanti, il fine corsa, l’ambulanza, il contadino che deve andare a mungere le mucche, un gruppo di impasticcati di rientro da un after a Zurigo.

Riparto con la foga di Verstappen che esce dai box, e gioco forza mi ritrovo a superare gli ultimi del gruppo e mi sento un po’ come quel tale senza capelli a cui cadde la catena in un giro d’Italia. Le mie intenzioni di gestirla ascoltando i dati del power meter invece che l’immotivata euforia saltano un po’, ma tento di usare la testa. E’ la prima gf che corro con gli Assioma Favero a darmi un limite sui watt spesi, e voglio usarli in modo intelligente. Su una salita come l’Albula di oltre 30 km, non andare fuori giri è fondamentale. Con un FTP calcolato a secco da Zwift, a gennaio, di 220 watt, l’idea è quella di ballare attorno a quella cifra. Nonostante fino a qualche settimana prima avevo nelle gambe un Bisbino a 270, oggi faccio fatica a tenere i 220, con il cuore che non sale sopra i 150 bpm. Cerco di capirne i motivi, che nell’ordine possono essere:

  • son sempre le 7 di mattina
  • Siamo in altura e sono arrivato ieri sera, non mi sono ancora ambientato
  • Nibali mangerà il bacon prima delle grandi tappe?
  • Sono stanco, in generale
  • Sono una sega, mi rassegno.

Consapevole che la verità sta alla fine, mi godo uno splendido Albula, salita stupenda seppur irregolare, sul quale finalmente raggiungo Jan, con il quale democraticamente mi divido le responsabilità per il misurdestanding (“fanculo, Jan”, penso), e in circa 2 ore arriviamo a scollinare sull’altipiano da urlo che accoglie il passo. Ristoro, 500 metri di pianura, e discesa spettacolosa dove i Grafene 28 e i dischi Campy regalano gioie e velocità da brivido attorno agli 80 all’ora.

Controvento raggiungiamo St Moritz e imbocchiamo lo Julier, che da il suo benvenuto con un primo km al 12% ed il rimanente purtroppo rovinato da un senso unico alternato che crea traffico.

La discesa è una libidine. Curvoni a tutta, larghi, belli, con grip. Rettilinei dove ti sembra di avere nelle orecchie Guido Meda che delira di desmodroni. Inutile dire che mi riperdo con Jan. Che ritroverò al traguardo.

Nel mangia-e-bevi che ne segue sento un po’ finire la benza, che ritrovo con un gel, e sulla salita che segue, della quale adesso non ho voglia di andare a ricercare il nome, mi sento volare. Gli Assioma dicono 260/280, il cuore sale, il bacon è smaltito e salto ciclisti come birilli. Godo, volo (oh, tutto è relativo, ovviamente…).

Ultima discesa e, buttata lì, la salita per arrivare. Sticazzi. 7 km tutti sopra al 10%. Sole che pesta. Vento contrario. Curve non previste. Un rettilineo unico come fossa una tortura. Crudele.

Tra la partenza ad handicap e la gamba ritrovata, uso quelli che ho davanti come punto di riferimento. “Quei due con la maglia verde li prendi entro 2 minuti. Il vecchio prima della curva, il ciccione appena spiana”.

Tutto questo credo mai sopra i 10 all’ora, ovviamente.

L’ultimo km butto energie che mi sarebbero tornate utili per poi rientrare in hotel, e supero un po’ di gente in piena crisi rilanciando sui pedali, gasato dallo speaker che annuncia i nomi e dalla gente a bordo strada che incita.

All’arrivo alzo le braccia “cioffffannni Frassi, social media manager”. L’ho portata a casa, 3000 metri di dislivello sono sempre 3000 metri di dislivello.

Come al solito mi scende la tensione e mi si chiude lo stomaco. Divento insofferente e vorrei già essere in hotel, ma quei 6 km che mancano diventano un Mortirolo.

Crollo sul divano, più per la sveglia alle 5 che per la pedalata.

Giornata spettacolare e niente da invidiare alle nostre dolomitiche.

Super consigliata.
A 2 ore di macchina dal confine.

All’Alpen Challenge ero con la mia BMC RoadMachine di Campy vestita (Record EPS disc e Bora), inseparabile Kit BKLK by Dotout. L’incredibile potenza sprigionata dalle mie gambe era misurata dai Power Meter Assioma Favero. Sul manubrio mi faceva compagnia il Wahoo Bolt.

 

 

 

 

Posted by Gio

Terzino sinistro per indole, ciclista per esigenze di salute, comincia a pedalare dopo aver sfondato la soglia dei 100 kg. Si appassiona alla bici e tenta di dimagrire per andare meno piano in salita. Ossessionato dalla tecnologia scopre Strava, dal quale sta tentando di disintossicarsi. Pedala sua una BMC RoadMachine con Campy Record EPS Disc e Bora.

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