Apple watch è uno smartwatch, e non banale sottolinearlo. Non è uno sportwatch, non è un fitwatch, non è una fitband. Ecco, a questo punto molti avranno già smesso di leggere l’articolo all’urlo di “Mavaffanculova, pensa a pedalare”. Non vi biasimo. Questo è un articolo per tecnosportivi, categoria nella quale stiamo rientrando in tanti, tra cambio elettronico, Strava e Zwift.
Ma torniamo all’Apple Watch e a che cosa fa: fa perfettamente lo smartwatch, tra notifiche, chiamate, pagamenti con Apple Pay grazie ai quali ormai all’esselunga mi riconoscono:”Ieri sono andata a casa e ho raccontato a mio marito che c’è un signore che paga con l’orologio”. Fa evidentemente sia da Fitband che da Fitwatch, e lo fa evidentemente molto meglio.
Fa lo sportwatch, ma non lo fa proprio benissimo. O meglio, non lo fa bene come un Fenix, giusto per citarne uno (che conosco ma che non ho mai provato, se proprio vogliamo dare il giusto peso alle mie parole).
Facendo un passo indietro, per essere completo nel mio articolo, ho usato l’Apple Watch al posto di un Garmin Forerunner, per correre, al posto e/o insieme ad un Garmin 820 in bici. In entrambi i casi senza fascia cardio e usando l’app di Strava.
Prima nota, l’app di Strava per Smartwatch è migliorabile, direi addirittura che è doveroso migliorarla: all’avvio chiede se la sessione che si sta iniziando è di corsa o in bici, e a quel punto decide quale interfaccia proporre, ma senza possibilità di personalizzazione. Se corri ti da il passo (teoricamente medio, ma i conti non tornano), la distanza ed il tempo trascorso. Non cito neanche la frequenza cardiaca, in quanto talmente sbagliata da non essere un dato utile per chi è abituato alla fascia. Diciamo che per correre fa il suo sporco compito, soprattutto se abbinato ad una fascia BT, soprattutto se non si è troppo esigenti. Se l’alternativa è avere anche uno sportwatch, o solo uno sportwatch perdendo le altre caratteristiche dello smartwatch, l’orologio morsicato diventa senza se e senza ma lo strumento per correre.
In bici, non è obiettivamente uno strumento che possa ambire a rimpiazzare quello che si chiamava ciclocomputer prima dell’arrivo dei GPS. Lo hai al polso, ed è il primo motivo per il quale non è sufficiente: in pianura se vuoi leggere i dati ti distrai. Esistono dei supporti da manubrio, ma sono oggetti da depravati.
I dati mostrati sono pochi: velocità tempo e chilometri percorsi sono obiettivamente dati troppo limitati per chi è interessato a monitorare la propria uscita. Per contro è anche vero, per assurdo, che l’avvento di Strava ha cambiato anche questo approccio: l’analisi dei dati è più importante a fine giro che durante. Pre-Strava durante il giro si usavano i lap per tracciare i tempi delle salite preferite, si conoscevano a memoria i record, e una volta a casa si riportavano su un foglio di excel nel migliore dei casi.
Adesso durante si guarda forse meno, per poi analizzare tutto a casa. L’Apple watch questo lo permette, esattamente come l’app per smartphone, con la differenza che riporta i dati essenziali a portata di polso. L’approccio potrebbe essere: mentre vado guardo giusto i km e l’ora, una volta a casa guardo il resto.
Si apre a questo punto un altro capitolo. Avevo letto tempo fa di un dibattito tra il correre con o senza GPS, con o senza fascia cardio.
Imparo e ascolto il mio corpo, vado alla velocità che in quella giornata mi sembra il mio corpo voglia sopportare, senza condizionamenti, senza ansie. E’ una chiave di lettura che non mi sento di non condividere.
Applico questa teoria su di me: in questi giorni sto correndo con la maglietta a maniche lunghe tirata fin sulle mani, e coprendomi dal freddo copro anche lo smartwatch. Corro quindi al buio, e casualmente sto correndo meglio. Quando mi capita invece di testare bici che ci mandano, non monto più il Garmin, pedalo in libertà, e traccio con lo smartwatch (sia mai che Strava non sappia che sto faticando!). Ancora, quando durante le granfondo più dure mi trovo che non è ho più su una salita lunga rallento e spengo il monitor del Garmin. Svuoto la testa dai condizionamenti, non mi stresso con frequenza cardiaca, pendenza e chilometri. Salgo, come il corpo mi permette, senza angosciarmi con il cuore alto, la velocità bassa e i metri che non passano più.
Pur essendo un maniaco dei numeri, sono sempre più convinto che durante è meglio godersela, rilassarsi e godere il panorama. L’ossessione per l’analisi è uno stress che almeno durante possiamo risparmiarci e che in assoluto è dannosa anche per la prestazione.
L’Apple Watch non è uno sportwatch e non va bene per i ciclisti, ed è proprio per questo che potrebbe essere perfetto per pedalare.
NB: nella voce pregi non possono mancare quelle caratteristiche da smartwatch applicate all’essere in bici. Puoi fare chiamate in vivavoce, cercando il numero con Siri: utile evidentemente per quando si sbaglia strada e se serve fare una chiamata al volo, in un utilizzo da walkie talkie. Leggi al volo gli sms, e per lo stesso principio di cui sopra, li scrivi al volo dettando a Siri. “Ti aspettiamo al Bar Mario, cominciamo a bere il caffè”, potrà essere mandato al ciccione che ancora sta scalando la salita, dagli amici grimpeur.
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