Dal sito Pinarello: “il successo di un marchio porta inevitabilmente la nascita dei FALSARI, un fenomeno comune nella moda”, che sta purtroppo dilagando anche nel mondo del ciclismo; avvertimenti simili si trovano sui siti di Campagnolo, Colnago, De Rosa e di tanti altri marchi.

Pinarello scrive di essere riuscita a bloccare circa 60.000 vendite di telai contraffatti e ad attaccare circa 4.000 negozi che li vendevano; negli ultimi 12 mesi Campagnolo è riuscita ad eliminare dalla rete di vendita più di 20.000 inserzioni relative a falsi prodotti con marchio Campagnolo, bloccare più di 2.800 vendite di prodotti contraffatti (per lo più ruote), bloccare frodi per € 925.000 e ridurre dell’82% la presenza di annunci on-line relativi a prodotti Campagnolo non originali.

Numeri impressionanti, che valgono decine di milioni di euro per la sola Italia.

Sul suo sito web, Pinarello scrive che i falsari fingono spesso di esser terzisti, ma avverte che nessun suo terzista è autorizzato a vendere i telai on line.

Nessuno ne dubita; il punto è però intendersi su cosa significhi in concreto che non sono autorizzati a farlo. Come tutti sanno, la maggior parte delle bici made in Italy oggi non è materialmente prodotta in Italia; il marchio è certamente italiano, la fase di progettazione, sviluppo e test viene fatta in Italia, ma poi viene incaricata una fabbrica in Asia o nell’est Europeo (il terzista) di produrre materialmente il telaio, così come i vestiti o le scarpe delle maggiori griffe sono disegnati in Italia e poi diventano made in China, Thailand, Pakistan etc.

Per la mia esperienza di avvocato nel campo della moda, non c’è niente di più comune che il terzista – senza l’autorizzazione del suo cliente (su questo Pinarello ha senza dubbio ragione) – produca alla luce del sole i telai che gli sono stati ordinati da Pinarello e poi, nonostante i controlli più o meno rigorosi, sotto banco gli “scappino” dei telai extra, che mette in vendita su piattaforme di e-commerce o aste on line come se fossero originali (chi è stato in vacanza in Tailandia, Malesya, Cambogia o Vietnam ha d’altra parte visto in qualsiasi mercato locale montagne di prodotti North Face, Columbia o simili usciti “di nascosto” dalle fabbriche locali).

Quindi, si, è vero che non sono autorizzati a farlo, ma ciò non significa che non riescano a farlo di nascosto.

Altri telai vengono invece da fabbriche create apposta per copiare i telai dei grossi marchi, in alcuni casi bene (se in Cina sono riusciti a costruire una Ferrari tarocca, figuriamoci – con tutto il rispetto – se non riescono a taroccare un telaio in carbonio !), in altri molto approssimativamente.

L’oggetto del desiderio

E’ inutile negarlo, da quello che si sente in giro alcuni di questi telai sono – almeno apparentemente – di ottima qualità.

La maggior parte, però, è una contraffazione di livello paragonabile alle borse Prada vendute in spiaggia dai vu cumprà.

Pare che in alcuni telai siano stati trovati residui di cellophane o scarti di lavorazione, in altri le filettature per sterzo e movimento centrale erano completamente sballate, in altri ancora mancavano i finissaggi necessari per garantire la robustezza del telaio o della ruota, altri prodotti erano semplicemente prodotti con materiali di pessima qualità o assemblati alla meno peggio. Sempre secondo voci dell’ambiente, pare che Wilier abbia fatto dei test comparativi tra un suo telaio originale ed uno contraffatto ed è risultato che quello contraffatto aveva una resistenza 3 volte inferiore a quello originale, il che può significare che perde le sue qualità dopo 10.000 km invece che dopo 30.000, ma anche che basta lo stress creato da una piccola buca per lasciarti con i denti per terra.

E allora ? Val la pena rischiare un acquisto tarocco nella speranza di fare l’affare della vita?

Prima di tutto bisogna capire come funziona l’acquisto.

Come si può capire dagli avvisi pubblicati sui siti Pinarello e Campagnolo, produttori e contraffattori giocano a guardia e ladri: il contraffattore apre un negozio on line, viene scoperto, viene denunciato da Pinarello o Campagnolo, chiude e tre settimane dopo riapre con un nuovo nome, senza alcun collegamento apparente con il vecchio negozio.

Quindi, primo punto: i grossi marchi investono sulla loro immagine milioni di euro, che andrebbero in fumo se non facessero prodotti all’altezza della loro fama. Il venditore che apre sapendo di dover scomparire dopo un mesetto, non appena la polizia bussa alla porta, massimizza il suo profitto nel breve periodo riducendo i costi … ciò significa materie prime scadenti o risparmiare (anche saltando del tutto) su finissaggi o trattamenti che consentono al telaio di durare nel tempo.

Secondo punto: anche se nostro cuggino ci ha detto di aver fatto l’affare della vita comprando una Dogma 10 a quattro soldi dal negozio XY che poi ha chiuso e riaperto a nome ZZ, quando siamo belli tranquilli a casa nostra a cliccare “compra subito” su un sito cinese non sappiamo se effettivamente il negozio sia lo stesso, né se il telaio abbia la stessa qualità di quello del cugino, né più in generale se sia un originale prodotto sottobanco o una contraffazione da vu cumprà.

Non lo sappiamo certamente al momento dell’ordine e, dando per scontato che il 99 % dei ciclisti non sappia distinguere un buon telaio da uno messo insieme alla meno peggio neanche avendolo in mano, non lo sappiamo neppure quando iniziamo la discesa dalla cima dello Stelvio. Sono sicuro che il telaio non si apra in due alla prima buca, proprio un istante prima che atterri di faccia sull’asfalto? o che le finte Bora Ultra non si rompano in discesa su un tornante dello Stelvio?

Altro oggetto del desiderio, in originale

Aggiungete poi che comprando un prodotto contraffatto rischiate una multa fino a 7.000 euro … più o meno quanto costa una top di gamma originale.

Val la pena la pena correre rischi?

Personalmente, così come preferisco viaggiare a 70 km/h su una Panda originale piuttosto che a 300 su una Ferrari con freni e sospensioni tarocche, preferisco prendere la bici originale che il mio budget mi consente piuttosto che rischiare la sorte.

Non dimentichiamo poi che se oggi pedaliamo su bici in carbonio che volano rispetto a quelle dei nostri padri è perchè i veri produttori di bici hanno per anni investito in ricerca e sperimentazione; se oggi abbiamo i dischi sulle bici dobbiamo ringraziare anche gli investimenti fatti da Colnago con il ricavato dalla vendita delle sue bici, se domani avremo l’ABS anche sulla bici lo dobbiamo a quelli fatti da Pinarello.

Se compriamo dai contraffattori, che futuro ci aspetta ? Che sviluppo può creare chi ha come unico obiettivo copiare il più fedelmente possibile gli altri?

E che fine farà l’Italia? Provate a moltiplicare i numeri dichiarati da Pinarello per il prezzo di un loro telaio e ditemi quanto perde l’economia italiana.

Quindi, come dovere civico, se scopriste prodotti contraffatti evitate di comprarli ed avvertite il produttore.

Posted by Simo

Sono Simone Frassi, comasco, avvocato civilista, viaggiatore (www.2wd.it), delle bici mi piace tutto, l'allenamento duro, le passeggiate senza fretta con gli amici, l'oretta in pausa pranzo, gli assalti ai miei PR su Strava, le chiacchierate in sella, la ricerca di strade nuove, le gare dei pro, le nuove tendenze di stile, le gite in mtb, l'esplorazione delle città in bici; le uniche cose che non sopporto sono l'agonismo di chi alle GF è pronto a tutto per guadagnare la posizione in classifica che gli consentirà di arrivare 3.000mo e (pur rendendomi conto benissimo che non sono fatti miei) la mancanza di ispirazione chi fa sempre lo stesso giro, come un criceto sulla una ruota (salvo che si tratti di girare a 40 km/h sul circuito di Monza). Email: simo@bklk.it Strava: https://www.strava.com/athletes/807017

2 Comments

  1. Bell’articolo e giuste considerazioni. Ma la domanda di fondo è: perché Pinarello ha spostato la sua produzione in un paese dove è impossibile controllare il terzietà? Cercava forse il massimo del profitto a discapito dei lavoratori italiani e se ne fregava altamente delle loro famiglie? Bene, se questa è la realtà i ciclisti italiani hanno il dovere di cercare il massimo risparmio e pagare il telaio un terzo rispetto a quanto lo vende la casa originale. Così magari un giorno Pinarello & C. decideranno di riportare la produzione in patria e pagare i propri dipendenti il giusto salario…

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    1. Entrare nel discorso della delocalizzazione in Asia o est Europa della produzione, non solo delle bici, ci porterebbe troppo lontano e francamente non creo di aver le competenze economiche per valutare ogni aspetto e conseguenza del problema.
      Sono comunque d’accordo con te sul fatto che risparmiare sui prezzi delle bici sia doveroso sono comunque assolutamente d’accordo con te; non cercherei però il risparmio mettendo a rischio la mia salute, ma scegliendo marchi che non ricaricano sul compratore costi altissimi di promozione e marketing. Io ho una Hersh con cui mi trovo bene, recentemente ho provato una Columbus Genius (prezzo base € 2.500) davvero ottima (ne parleremo tra poco), le Rose hanno un ottimo rapporto qualità prezzo.
      Per convincere Pinarello (o Colnago, o De Rosa o Wilier) ad abbassare i prezzi, è certamente meglio comprare altri marchi, piuttosto che un loro telaio falso.
      Di certo, in ogni caso, mi ripugna dare soldi a chi li guadagna sfruttando il lavoro degli altri, come i contraffattori.

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