Facile fare il blogger quando si parla della Basso Diamante 2019. Non serve essere esperti di meccanica né saper usare parole alate, basta uscire per una pedalata dando di tanto in tanto un occhio al computerino e tirare le somme usando parole semplici semplici: la nuova Basso Diamante è la bici più veloce, quella che mi da la maggiore sensazione di sicurezza e quella (relativamente) più comoda su cui sia mai salito.
Insomma, bastano una mezz’oretta in sella e un pensierino elementare per fare il nostro sporco lavoro; se poi volessimo entrare nei dettagli e scoprire il perchè e il per come dei pregi di questo telaio non è tanto più difficile.
Velocità: sul tubo obliquo ci sono due numeri – 0.4 in corrispondenza del tubo sterzo e 0.2 in corrispondenza del movimento centrale – che sono i valori di resistenza alla flessione del telaio.
Cosa significano questi due numerini, che a me messi così dicono poco (se non che sono quasi la metà di quelli della “vecchia” Diamante, che già era rigidissima)? In termini di sensazioni significano che quando si fa la volatina con gli amici sullo strappetto si rischia una sensazione molto simile al mal di terra. Avete presente quando si torna a terra dopo una notte in barca e la testa, ormai assuefatta al dondolio della barca, inizia a girare non essendo più abituata a trovarsi sulla terra ferma? Ecco, uno si alza in piedi sui pedali con il padellone, spinge aspettandosi inconsciamente che il telaio abbia la leggera flessione che tutti i telai (chi più, chi meno) hanno, sposta il corpo in modo da bilanciare la flessione del telaio, ma se lo trova sempre lì, al massimo flesso di 0.2 mm. se uno avesse una potenza che non è evidentemente la mia, e si trova sbilanciato. All’inizio la sensazione di disagio è simile al mal di terra che si prova dopo essere sbarcati sul molo, poi questo mal di terra (o mal di Basso) passa e ci si inizia a chiedere cosa significhi questa rigidità in termini di prestazioni.
Io sono due settimane che me lo chiedo e cerco di rispondermi incrociando i dati velocità/potenza/pulsazioni del Wahoo per capire “scientificamente” quanto vado più forte, senza esserne ancora arrivato a una. A naso, secondo me in pianura la velocità di crociera è salita di un paio di km/h (che non è per niente poco). Senz’altro le frequenze di pedalata sono aumentate, senz’altro in pianura pedalo con un dente in meno (cosa che confermerebbe il guadagno di 2 km/h), senz’altro da certi strappetti salto fuori senza neanche accorgemene, senz’altro sul piano la bici da la sensazione di andar via liscissima. Senz’altro alla prima uscita con la Diamante sulla mia salita invernale ho fatto il mio PR senza neanche rischiare l’infarto come al solito, nonostante avessi nelle gambe 185 km del giorno prima, e al secondo tentativo ho fatto forse il mio unico tempo da Top 10 (guardare Strava per credere); su segmenti di 7 km le variabili sono ovviamente tante, difficile dire che sia merito solo della bici, ma anche pensare che se alla prima volta con la bici nuova ti trovi lì un PR senza neanche averlo cercato la Diamante non ci abbia messo del suo.
Comodità: dicevamo 185 km nelle gambe … uno vede l’attacco basso del manubrio, legge che è rigidissima e pensa che sia una bici spacca schiena.
Doppio errore!
E’ vero che l’attacco manubrio è quasi scavato nel telaio, ma è il tubo sterzo ad essere alto, non il manubrio ad essere basso; apparenza a parte, usando i soliti 3 spessori io ho riportato il mio solito sbalzo sella/manubrio, per cui la mia posizione in sella è la stessa di sempre (e non ho neppure fatto fatica a trovarla).
E’ vero anche che il telaio è rigidissimo, ma ha anche una capacità incredibile di assorbire le vibrazioni, su certe imperfezioni dell’asfalto si passa via come se sulla buca ci sia un tappetino ad attutire i colpi, nonostante la rigidità dei copertoncini. E, se non bastassero le capacità del telaio, il collarino reggisella è rivestito da un cappuccio in gomma che assorbe le vibrazioni sulla sella (un sistema chiamato 3B clamp system brevettato da Basso) alleggerendo ancor di più la schiena.
Intendiamoci, neppure la versione 2019 della Diamante è stata pensata per star comodi, come da tradizione è una bici racing fatta per andare forte; ciò non significa però che non sia anche comoda quanto basta per esordire con un giro da 185 km senza alcun dolore e che ora della fine non sia più comoda di tante bici endurance fatte con materiali di qualità inferiore e/o senza gli stessi accorgimenti meccanici.
Stabilità: a 60 km/h (velocità massima raggiunta nei percorsi che questo gelido novembre ci lascia fare) sei così stabile che quasi ti annoi a scendere in discesa, in curva la bici invoglia a piegare ed a chiuderle all’interno (anche più di quanto io mi senta di fare quando il mio punto di appoggio è una gomma di 25 mm., per dirla tutta); insomma eccellente anche in discesa!
Merito del telaio, ma anche di tanti piccoli particolari che – lo confesso candidamente – fino a qualche tempo fa non avrei neppure considerato (anzi, avrei considerato un invasato chiunque mi avesse ammorbato con una discussione sulle differenze tra un attacco manubrio e l’altro); ad esempio, proprio l’attacco manubrio granitico, anche lui della Basso (lo stesso già apprezzato sull’Astra), che ti fa sentire la bici bella solida in mano, ed i freni Direct Mount, che (quante cose si imparano!) rispetto ai vecchi Dual Pivot danno tutta un’altra sensazione di frenata, a rischio cappottamento se uno non dosa la frenata all’anteriore (per chi non lo sapesse, i Dual Pivot sono i classici freni al cerchio, per intenderci quelli fissati alla forcella con una sola vite centrale, quelli Direct Mount sono freni sempre al cerchio, ma fissati con due viti, una per ogni lato della forcella – vedasi foto qui sotto -, che raddoppiando gli ancoraggi al telaio raddoppiano anche la rigidità, la potenza e la precisione della frenata).
E poi anche questo telaio è completamente MADE IN ITALY, a Vicenza. Questo non fa andare più forte (anche se forse spiega perchè va più forte), ma fa sempre bene al cuore saperlo.
In conclusione, bella, veloce, comoda, sicura; una bici eccezionale, di quelle che in questi anni di test raramente (o forse mai) abbiamo avuto il piacere di provare. Il vero mal di Basso è la nostalgia al pensiero di rispedirla indietro a fine test. Io, lo confesso, ho risolto il problema restituendo l’imballaggio in cui mi era stata spedita la bici con dentro un assegnino invece del telaio.
A proposito, il solo telaio costa € 3.620, la bici completa montata con il Campagnolo Record 12 e le Bora One 35mm € 8.700, più o meno uguale con il Durace elettronico e le ruote Microtech 150 (insomma, la solita fucilata, ma molto meno del top di gamma di quasi tutte le altre marche); primo prezzo, con Ultegra meccanico (che ha comunque tutto quel che serve ad un amatore) e ruote in alluminio Microtech, € 4.500 circa .
Durata Test: 500 km
Configurazione della bici provata: telaio Basso Diamante, gruppo Campagnolo Record 11, ruote Bora One 35, copertoncini Pirelli Pzero, sella San Marco Mantra, manubrio Deda Zero, pedali/power meter Assioma Favero Electronics … tutto MADE IN ITALY.
Peso: 7.3 kg pedali compresi (7.1 senza).
Per prevenire le polemiche nate dopo altri post, casomai non fosse evidente dalla qualità della foto dico subito che quella di copertina non è nostra, ma è presa dal profilo Instagram Basso Bikes e non rappresenta la bici nella configurazione testata.
[…] ATTENZIONE: cliccate quì per la prova della Diamante 2019 […]
[…] belli in un’area determinata, delle funzioni in più (ad esempio a me che ho appena cambiato telaio sarebbe piaciuto avere una funzione che mi avesse consentito di portare i dati dei vecchi componenti […]
[…] che ci sono piaciute di più due (la BMC e la Dogma F10) sono marchi pro tour, due (la Basso Diamante e la Titici Flexy Road) no la metà […]
[…] questa randonnée ho usato: Basso Diamante, montata con Campagnolo Record, ruote Campagnolo Bora One 35, copertoncini Pirelli Pzero e […]