Tra le leggende metropolitane da sfatare, io metterei anche quella secondo cui è normale che in bici la schiena, il collo, le spalle e/o il soprasella facciano male.

img_9544bPer anni io sono tornato a casa con male al collo e soprattutto con piccole ferite al soprasella, convinto che fosse inevitabile dopo qualche ora in bici; poi mi sono accorto che le tacchette (Look nere) erano completamente storte, le ho raddrizzate, mi si è raddrizzata di conseguenza la posizione dell’intero corpo in sella e sono scomparsi quasi tutti i dolori.

Per azzeccare posizione e regolazioni si può provare da soli (meglio se aiutandosi a vicenda con un amico che controlli la posizione “dall’esterno”) oppure rivolgersi ad un tecnico biomeccanico. A Como, Brianza e dintorni ci sono 3 centri, ch’io sappia: Emanuele Chiesa, di cui abbiamo già parlato, Velosystem a Giussano e Bicimania a Lissone.

Da Velosystem tutte le misure vengono prese con attrezzature sofisticatissime: l’altezza viene misurata con un raggio laser, quella del cavallo con una barra applicata a un cursore elettronico che sale in mezzo alle gambe finché trova la resistenza dei gioielli di famiglia (metodo che per la clientela maschile paga qualcosa al comune buonsenso), le tacchette vengono tarate su un cubo di vetro con un invito per le tacchette ed un altro raggio laser e via dicendo; alla resa dei conti, la mia altezza è risultata la stessa rilevata alla visita di leva e quella del cavallo la stessa presa con il classico manico di scopa nel retrobottega dei vari ciclisti, né il laser né il tecnico si sono accorti che la mia gamba destra è più lunga della sinistra di 50 mm. e la regolazione delle tacchette è stata stravolta manualmente dopo due ore di spostamenti millimetrici in sella … insomma, tanta scena per scoprire l’acqua calda (e neanche tutta, visto che le due gambe risultavano lunghe uguali).

Prese le misure personali, il test è proseguito su un finto telaio, che grazie a vari snodi e regolazioni riproduce le misure ideali, e sono state poi riportate sulla mia bici, il che non mi convince molto; se – come sostengono loro – siamo qui a parlare di millimetri, basta sbagliare di un millimetro la lunghezza di un tubo o di un grado un angolo del falso telaio che tutto sballa.

Bicimania invece ha un approccio molto meno tecnologico (le misure sono prese con righello e bolla, come un qualsiasi magut) e molto più fisiologico, basato sostanzialmente su due principi cardine.

Primo: i corpi umani perfettamente allineati sono pochissimi, siamo tutti più o meno naturalmente asimmetrici, per cui non ha senso allineare quello che in natura è nato disallineato.

Principio condivisibilissimo secondo me; che però, sempre secondo me, non tiene conto del fatto che il corpo umano, img_9539se costretto (come, ad esempio, dopo anni in bici con tacchette nere storte), si adegua all’errore e stenta a ritrovare la posizione naturale anche dopo che è venuta meno la costrizione; forse imporre una correzione correggendo le tacchette (un po’ come mettere un gesso) potrebbe essere utile, secondo me.

Secondo: il manubrio della bicicletta è pensato per essere usato in tre posizioni (mani alte, mani ai manicotti dei freni e mani basse); un’impostazione della bici che non consenta di sfruttarle tutte e tre è controproducente, sia dal punto di vista dell’efficienza aerodinamica che da quello della sicurezza.

Dal punto di vista dell’aerodinamica, è ovvio che se hai un manubrio così basso che non riesci a pedalare a mani basse per più di 2 minuti il vantaggio aerodinamico è bello che perso; sembra una banalità, ma quando vedi un professionista come Majika che si gioca le Olimpiadi in pianura pedalando a mani alte viene il dubbio che non sia poi così ovvio. Una posizione eccessivamente bassa potrebbe significare anche continuare a muoversi in sella per cercare la posizione giusta e sgranchire schiena e gambe, che è un’altra perdita di efficienza della pedalata potenzialmente superiore al beneficio aerodinamico (pare che quando Nibali è passato all’Astana i tecnici Specialized gli abbiano alzato di ben 5 cm. il manubrio sulla bici da crono, a costo di perdere in aerodinamica, per evitare movimenti in sella). Mani basse significa anche baricentro più basso e soprattutto miglior controllo delle leve dei freni (che sono ottimizzate per un comando dal basso) e quindi maggior sicurezza in discesa.

Differente approccio, differenti consigli; Velosystem mi ha abbassato il manubrio di 2 cm, portando lo scarto sella/manubrio da 9 a 11 cm, peraltro senza preoccuparsi di sapere se faccio 1.0000 o 10.000 km l’anno, se pedalo pancia a terra o chiacchierando rilassato con gli amici, se faccio giri di 50 o 2300 km/h (sbaglierò, ma mi sembra la prima cosa da sapere per impostare la posizione in sella); per le tacchette invece ha cercato scrupolosamente per oltre due ore la posizione perfetta per allineare i due piedi (manualmente e ribaltando le indicazioni del laser !).

Risultato: posizione molto aerodinamica, di cui francamente non saprei valutare i vantaggi in velocità, ma che ha lasciato strascichi sui giri attorno ai 200 km; raddrizzando le tacchette ho subito avuto la netta sensazione che l’osso iliaco appoggiasse sulla sella nel modo corretto e non ho più avuto sfregamenti inutili sulla sella né piaghe, anche dopo di oltre 200 km.

Bicimania si è invece disinteressata del disallineamento delle tacchette, che secondo il tecnico dipendevano dal disallineamento del mio corpo; per correggerlo, mi ha solo dato due solette che – premendo sulla pianta – dovrebbero far lentamente ruotare il piede fino a riallinearlo; soprattutto, ha ridotto lo sbalzo sella/manubrio di 2 cm, riportandolo a 9 cm.

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L’arrivo a Mallorca con la gamba zifula

Risultato: riguardandomi nelle foto che mi sono state fatte nelle varie gran fondo, vedo che la gamba destra è sempre zifula, come se la foto fosse state fatta mentre sganciavo il pedale; di giorno in giorno, mi sembra però che l’effetto della soletta stia riducendo l’apertura, che comunque è ancora abbastanza evidente. Grazie alla riduzione dello sbalzo sella manubrio, riesco però a tenere le mani basse anche per lunghi tratti in pianura e per lunghe discese (tutti i 20 km dello Stelvio, ad esempio) ed ho ricominciato a divertirmi come un bambino anche in discesa.

Prova del 9: nessun problema di posizione anche dopo i 312 km della Mallorca 312.

In conclusione: le misure e le regolazioni della bici come uscita a suo tempo dal negozio che me le aveva vendute erano corrette, le tacchette invece erano completamente sballate; raddrizzandole (cosa che forse potevo fare anche da solo), mi è passato ogni dolore sia alla schiena sia al soprasella.

Resta comunque il dubbio di essere ancora storto in sella (il piede destro mi sembra sempre storto e l’impugnatura delle mani al manubrio anche, probabilmente in conseguenza della schiena storta) e quindi se – autostistemazione delle tacchette permettendo – i soldi (prezzo: Velosystem € 200 + 70 per le solette; Bicimani € 100 + 35 per le solette) siano stati spesi bene.

Nel dubbio, comunque, meglio investire qualcosa per avere la certezza di essere seduti correttamente piuttosto che tornare a casa doloranti dopo ogni gran fondo.

 

Posted by Simo

Sono Simone Frassi, comasco, avvocato civilista, viaggiatore (www.2wd.it), delle bici mi piace tutto, l'allenamento duro, le passeggiate senza fretta con gli amici, l'oretta in pausa pranzo, gli assalti ai miei PR su Strava, le chiacchierate in sella, la ricerca di strade nuove, le gare dei pro, le nuove tendenze di stile, le gite in mtb, l'esplorazione delle città in bici; le uniche cose che non sopporto sono l'agonismo di chi alle GF è pronto a tutto per guadagnare la posizione in classifica che gli consentirà di arrivare 3.000mo e (pur rendendomi conto benissimo che non sono fatti miei) la mancanza di ispirazione chi fa sempre lo stesso giro, come un criceto sulla una ruota (salvo che si tratti di girare a 40 km/h sul circuito di Monza). Email: simo@bklk.it Strava: https://www.strava.com/athletes/807017

7 Comments

  1. Caro Simone,

    purtroppo siamo in un’era dove siamo obnubilati dalla “tecnologia ciclistica” e stiamo tralasciando quello che è il senso vero del ciclismo…..i capelli al vento fra un po’ non ci saranno più (i caschi integrali stanno prendendo il sopravvento), i ciclocomputer satellitari ci dicono esattamente il punto e il luogo e il numero sassetti che abbiamo centrato con le nostre minzioni, i freni a disco ci toglieranno la sensazione del rischio e dell’abilità del discesista …una dote ben rara (tutti staccheranno all’ultimo istante e le traiettorie saranno identiche per tutti…) Si stà volgendo alla classica follia collettiva, vorrei tanto che nei blog si scrivesse ogni tanto qualche racconto del tipo “Porco…. il sudore mi scendeva dalle gambe a fiumi, il mio avversario rincalzava a scatti, ero in apnea e avevo addirittura aperto i pattini del freno posteriore, al fine fossi cullato dall’idea di avere un sollievo psicologico che il freno non desse attriti al cerchio ….” Insomma il ciclismo era questo ; bestemmie , ruzzatine all’ avversario con i gomiti, a volte buttare anche il ciclista “baro” nel fosso…. non esisteva la Rapha e la Castelli faceva completini solo per le squadre…. il vero ciclista lo si vedeva dalla caviglia fine, non dalle ruote ad alto profilo o su per giù. I nostri argomenti sono ormai gli stessi delle “fichette” quando vanno dall’estetista…. e il pedalare dov’è? la fatica? l’odore del mastice dei palmer…??? Era uno sport per maci e ora si rischia che diventi un’attività per comari….A tal proposito la “POSIZIONE” è uno dei pochi elementi della tradizione ciclistica …come in tutti gli aspetti della scienza e della tecnica; se non hai la conoscenza empirica dell’ argomento, la macchina non funzionerà mai…. così come non funzionerà mai la scopa in culo del venditore di bici. L’arte della posizione era elemento peculiare dei “maestri del ciclismo”… il colpo d’occhio sulla sella e sul manubrio non era una visione lasciata al caso, bensì frutto di esperienza di osservazione di ore in ore di anni in anni… Sono nato e cresciuto in una famiglia di corridori e dirigenti di squadre ciclistiche e ho visto nel garage di casa passare fiumi di atleti (successivamente anche plurivittoriosi al Tour…) e biomeccanici che non avevano gli elettrodi ma sapevano leggere al tatto la tensione del muscolo ! Quando si rivolgevano poi in dialetto a mio papà con l’espressione: “Mino guarda adess che bel curidurell che ghèm chi…” allora la spinta era quella giusta !!!! Tutti coloro che hai citato non sono altro che la stessa aria fritta che Garmin, Rapha and Co. ci propinano.. (Io per primo, ho speso £45 per tre calzini del ca….o nel Rapha store di Londra che mi fanno sudare i piedi come non mai…però sono belli e fighi…) …. il mio amico di nazionalità bulgara, che ben conosci,anche se un gran rompi maroni (e lo dico con grandissimo affetto) è forse uno tra i pochi superstiti di quell’arte…. non a caso era un pistard …. Dalla Bulgaria alla Russia con amore… Speriamo che anche nel ciclismo arriverà prima o poi un tal Iosif Vissarionovič Džugašvili che darà vita a qualche gulag per internare tutte queste odiose aziende che stanno facendo morire l’unica ragione d’essere del Ciclismo; cioè l’attacco in piedi sui pedali !!!!

    Guido

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    1. Caro Guido,
      il bello del ciclismo è che ci sono mille modi di divertirsi in bici: chi come te cerca le emozioni della competizione, chi si diverte facendo una passeggiata, chi in bici da corsa e chi in mountain bike.
      A me piace l’aspetto sportivo, ma il piacere della bici per me è soprattutto pedalare su belle strade e cercare posti nuovi; se per farlo posso usare un freno a disco o un telaio che mi diano maggior sicurezza in discesa o mettere, ad esempio, una bella giacchina invernale che mi protegga dal freddo quanto basta per aggiungere anche con questo freddo becco una trentina di chilometri e/o una salitella al solito Como – Menaggio, ben venga !
      Se poi la maglietta fosse anche bella, perché no, a condizione che non diventi una malattia (e con il massimo rispetto per chi preferisce pedalare con la maglietta della sua squadretta o con quella della Decathlon).
      Che poi, a ben vedere il tuo discorso, tutto dipende dal punto di vista.
      Tu parli dei freni a disco come esempio della tecnologia obnubilante, ma se chiedessimo ai nostri nonni probabilmente considererebbero obnubilante già il passaggio da 5 a 6 rapporti del pacco pignoni, i nostri padri ci direbbero che le leve del cambio al manubrio e i telai in carbonio (se non addirittura quello in allumninio) sono giocattolini da damerini e via dicendo … tutto sta a quando considerai l’anno zero !
      A parte questo, nessuno di noi è mai stato un fenomeno da giovane ed ora che abbiamo la pancetta ed il vento nei capelli non lo sentiremmo neanche se pedalassimo senza casco, un racconto porco avrebbe più il sapore del Fantozziano “provi a rana ragioniere” che del ciclismo eroico dei nostri nonni … meglio evitare di cadere nel ridcolo.
      A ognuno i suoi limiti, i suoi interessi e i suoi argomenti, insomma.
      Quanto alla biomeccanica, sono completamente d’accordo con te e mi sembra di aver detto chiaramente cosa penso delle misurazioni laser.
      simone

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      1. Caro Simo,
        La mia era una provocazione rivolta a tutti noi “popolo del ciclismo ….. “; me compreso e alla deriva tecnologica a cui stiamo degradando….. (Per ragioni di Club, con profonda tristezza ho dovuto arrendermi al Garmin….)non mi permetto assolutamente di dare giudizi ne porre le asticelle dei limiti altrui sulla scala della difficoltà ….. Il ciclismo per me non è solo legato all’aspetto delle competizioni ( a tal proposito io partecipo al massimo a tre GF all’anno e sicuramente a un numero inferiore delle vostre partecipazioni) e sono anche della teoria che andare in bici, sotto l’aspetto estetico dev’essere come andare a un “pranzo di gala” ( lo diceva già Coppi….) Ciò su cui intendevo soffermarmi è che si stà uccidendo il “Drago Mitologico” che c’è nel ciclismo; anzi è già morto ….la radiolina in corsa, per esempio , ha tolto la fantasia delle cavalcate epiche alla Pantani e via dicendo … il mio “attacco in piedi ” sui pedali metaforicamente è proprio questo …. sia esso sulla via di Menaggio in compagnia o in corsa sull’Alp d’huez. Sono i sapori e gli odori che condizionano l’esistenza , non gli oggetti tecnologici che rischiano di diventarne il sarcofago ! Era solo un monito rivolto a tutti noi per cercare di puntare a esaltare quei valori che ci possono ricollegare a un ciclismo più romantico, più legato alla tradizione !!
        Un abbraccio e alla prossima pedalata insieme!
        Con affetto
        Guido

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        1. Si, certo, l’avevo capito benissimo.
          Diciamo che secondo me è una questione di approccio … si può andare a Menaggio con uno spirito più agonistico di quanto ce ne si può mettere per fare una gran fondo senza ansia di classifica, dipende da ciascuno di noi e spesso anche da come ci siamo alzati la mattina, se con il piede agonistico o con quello della chiacchiera in sella.
          Se poi parliamo del ciclismo dei pro, sono completamente d’accordo con te; per quanto si cerchi di tornare al passato cercando salite impossibili tipo il Mortirolo o scoprendo le strade bianche o riducendo il numero dei corridori per squadra, il ciclismo di una volta rimane un’altra cosa e purtroppo non tornerà più.
          Però, secondo me, facciamo attenzione a bollare la tecnologia come uno strumento che ci allontana dal ciclismo del passato … un computerino moderno, con la funzione navigazione, potrebbe essere uno strumento utilissimo per andare a cercare le stradine bianche, quelle dove nessuno passa, magari anche sterrate, dove si riscopre il fascino del pedalare come lo intendo io e dove magari si ritrova un po’ del romanticismo della bici.

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          1. Certo Simo,

            l’approccio come in tutte le cose della vita è l’elemento essenziale….. così come il dialogo e in tutto ciò reputo che la tecnologia sia efficace; il blog come confronto.
            In effetti in questo caso, i blogs, al di là dei contenuti hanno rivitalizzato la forma epistolare….

            Un abbraccio
            Ciao

  2. […] spunto arriva da un commento che abbiamo ricevuto su un post relativo alla biomeccanica e che secondo me riprende un po’ quello che viene descritto nell’articolo linkato più sopra e […]

    Rispondi

  3. […] la fa forse più una corretta posizione in sella che la natura del telaio (nel dubbio, un bel test biomeccanico conviene sempre […]

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