Chi si avvicina al ciclismo, nella scelta della sua primi bici, i cui criteri sono strettamente estetici, sceglie prima di tutto il telaio, poi eventualmente le ruote, ed il gruppo è un effetto collaterale. Con questa convinzione e con il dato oggettivo che il più classico degli Ultegra funziona perfettamente ed ha un rapporto qualità/prezzo obiettivamente difficile da pareggiare, mediamente si tende a rimanere su questa scelta anche per i modelli successivi, non sviluppando nessun tipo di empatia con il gruppo, con la convinzione che nel trittico telaio/ruote/gruppo è l’elemento meno importante e che non sposta le prestazioni vere proprie e della bici.

Mentre si diventa ultrà della marca del telaio, comprandone merchandising, guardando con attenzione la squadra dei pro che corre con il proprio marchio, a nessuno passa neanche per la testa di attaccare un adesivo Shimano neanche sulla cassetta degli attrezzi.

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Però poi subentra quel pizzico di nazionalismo che non mi porterà certo a cantare l’inno di mameli alle partite della nazionale, ma perlomeno a farmi venire il dubbio se non è il caso di dare una possibilità al fascino tutto italiano di un marchio che ha fatto la storia, come Campagnolo. Il meccanismo è lo stesso che mi ha fatto pensare a posteriori se è stato giusto comprare una tetesca BMW al posto di una fascinosa Moto Guzzi, con fabbrica e orgini a pochi km da casa mia, che sciacqua i suoi pistoni nelle mie stesse acque di lago.

L’esperienza d’acquisto ci fa già intuire che il Campy sarà qualcosa di diverso: il packaging è da prodotto di moda, il massiccio uso del carbonio una volta aperta la scatola lascia subito immaginare l’impatto estetico il Record 11 che avrà una volta montato.

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L’ergonomia delle leve è molto diversa, meno massiccie rispetto sia a Shimano che a SRAM, ma con un’impugnatura che fa sentire la bici più diretta. La combinazione leva+pulsante per salire/scendere rendono la cambiata più veloce e, pur dovendo ammettere che non vincerò mai una volata per questo motivo, buttare giù i denti è nettamente più rapido.

La regolazione iniziale è meno intuitiva e facile rispetto all’Ultegra e devo ricorrere all’aiuto di Run and bike non avendo esperienze pregresse, ma una volta regolato è obiettivamente tanto veloce quanto preciso. Mi convinco del fatto che è di un livello superiore all’Ultegra, del quale costa peraltro più del doppio, quindi la differenza di prestazioni è assolutamente nelle aspettative e anche dovuta.

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La vera differenza ed il vero motivo dell’acquisto sta però nel fascino del feedback nelle dita. SRAM è perfetto, ma fa ‘SDENG’ ad ogni cambiata. Shimano è morbido, troppo. Ogni cambiata devi fare 30 centimetri con la mano, fa il suo dovere ma in modo neutro, come se non ti accorgessi di avere un gruppo tra le mani. Come una Honda con 60 cavalli che fa i 50 con un litro, perfetta ma senza anima. Il Record cambia con una legnata, una perfetta rasoiata con un ritorno di ferro nelle orecchie e sulla ruota che ricordano un po’ la frizione a secco della Ducati, assurda per chi non la  sta guidando. In un mondo dove la cambiata è diventata il sibilo ZHH dell’elettronico, lo SBABAM del Campagnolo, in barba all’evoluzione è una libidine che ha senso e trova la sua collocazione sul mercato, a prescindere dalle preferenze del singolo.

img_9838Da non sottovalutare la potenza frenante, nettamente superiore alla concorrenza, e che rende un pochino meno netta la mia posizione rispetto all’assoluta necessità per ogni amatore di avere i dischi.

Dell’aspetto estetico non voglio neanche parlare, talmente schiacciante è la superiorità rispetto ai rivali, giappo o americani che siano.

Il costo superiore va inquadrato nel contesto ciclistico, dove ogni grammo risparmiato bisogna convertirlo in euro con uno zero alla fine. E allora perchè no, perchè non spendere di più per dare un’anima alla nostra bici? Personalmente continuo a ritenere l’investimento nel gruppo un di più, ma potendoselo permettere non è marginale come pensavo prima di montare il Record Full Carbon.

Credo Campagnolo dovrebbe lavorare maggiormente sull’identificazione e l’empatia col marchio dell’acquirente, inserendo nel pack del gruppo acquistato accessori di abbigliamento che sono sicuro verrebbero ostentati con orgoglio, dal cappellino da bici alla tshirt fighetta. Su un acquisto da oltre 2.000 euro credo che possa essere per loro un costo sostenibile, che si ripagherebbe in branding. Con la consapevolezza che difficilmente qualcuno camminerà per strada con una maglietta Shimano.

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Posted by Gio

Terzino sinistro per indole, ciclista per esigenze di salute, comincia a pedalare dopo aver sfondato la soglia dei 100 kg. Si appassiona alla bici e tenta di dimagrire per andare meno piano in salita. Ossessionato dalla tecnologia scopre Strava, dal quale sta tentando di disintossicarsi. Pedala sua una BMC RoadMachine con Campy Record EPS Disc e Bora.

One Comment

  1. a leggere questo articolo mi sono quasi commosso… campagnolo sempre e comunque per il livello di emozione che sa dare in un mondo fatto di freddi numeri!

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