Tutti i gruppi, che si tratti di ciclismo o di calcio, di burraco o di scacchi, hanno le loro figure delle quali non puoi fare a meno, con un ruolo e un personaggio da recitare.
Trai ciclisti c’è il tecnologico che ne capisce più di Garmin che di pedalate, il metereologo che sa dove farti andare per evitare il vento, l’attendista che sta tutto il giorno in penultima posizione per poi scattare a 100 metri dal bar. Quello che ha sempre una scusa, quello che non gli suona la sveglia, quello talmente di moda che ormai snobba Rapha.
E poi c’è lui, quello che tutti temono, il locomotore. Quello che tira anche a 10 metri dal semaforo rosso, che per stargli in scia devi guardargli i pignoni che poi devi guardare su Strava se hai fatto il giro del Ceresio o del Lago di Como.
Nel nostro gruppo è lui, MarkBroon tuttattacato, al quale diamo un nome di fantasia per lasciare il beneficio del dubbio su chi sia. MarkBroon ha superato i 50 ma li porta bene, ha un sorriso smagliante che viene ricambiato a denti stretti quando lo vedi al bancone del bar, pronto a menare come un fabbro febbraio. “Fanculo, c’è anche lui, anche oggi”. Forse ieri la terza grappa per digerire la Casoela potevo lasciarla bere a Robertone che tanto oggi farà finta di lavorare dal divano di casa. “Ciao Mark, è un pò che non ci vediamo, mi fa piacere vederti!”. Colcazzo che mi fa piacere.
MarkBroon, termine che ormai fa parte del vocabolario di noi amatori, di fianco a neologismi come mangia-e-bevi, strava e rulli, ti lascia raramente l’illusione che sia una giornata di quiete. Passato indenne il dentello di Villa Olmo, graziati sul rettilineo di Cernobbio, godiamo della sua compassione sul Pizzo. Poi la ghigliottina arriva puntuale sul falsopiano che porta ad uscire dalle gallerie, con la scusa che sono pericolose e bisogna uscirne velocemente.
La crono di MarkBroon comincia così, tra il brusio generale che si fa sempre più lontano dalle sue orecchie; non ti lascia neanche il privilegio della scia, rannicchiandosi con le mani più strette possibile in un fisico da scalatore con il motore del passista. MarkBroon non si gira Non so che viso avesse, neppure come si chiamava, con che voce parlasse, con quale voce poi cantava, quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli canterebbe di lui Guccini.
MarkBroon scatena nel gruppo che segue le reazioni più disparate: chi da fondo alle ultime energie per scattare, passargli davanti e fare da safety car. Gesto estremo vissuto come un sollievo da tutto il resto del gruppo, che alza le mani dal manubrio, per esultare in modo scomposto. Lui di solito accetta apparentemente di buon grado il cambio, non perdendo mai più di 2 posizioni. Nessuno l’ha mai visto oltre la terza posizione in gruppo.
Chi, raggiunta la seconda posizione, richiama il gruppo all’ammutinamento, ostentando un’andatura a 22 all’ora con vento a favore:”Mi faccio già il culo tutta la settimana con il capo che mi fa mobbing, arrivo a casa alla sera alle 9 e devo portare fuori quel cane di merda che neanche volevo. Al sabato non voglio rotture di coglioni”.
Ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite, sembrava avesse dentro un potere tremendo, la stessa forza della dinamite.
MarkBroon è uno dei tanti ciclisti che litiga con gli automobilisti, quando questi non gli lasciano strada nelle strade più tortuose. Ti aspetta al bar appoggiato al bancone, riposato, impeccabile, con addosso una goccia di Channel, numero 5, e lo senti che sta facendo un discorso che deve essere inziato da almeno 20 minuti. Una volta l’ho staccato. Non lo conoscevo quasi per niente, non era ancora nata la leggenda di MarkBroon, e sull’ultima salita del Laigueglia lo staccai mentre lui lottava con i crampi. Quando lo raccontai al bar venni guardato con gli occhi della meraviglia.
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva.
Da li in poi ho imparato a memoria tutto di lui, tutto quello che si vede da dietro. La sua Kuota monta un Dura-Ace a 10 velocità (11-25), copertoncini Vittoria Rubino Pro Speed da 25. Assos, i suoi pantaloncini preferiti. Aveva un casco Giro, adesso è passato a Rudy Project. Da quando ha la divisa del Monti usa meno quella nero/verde che gli aveva dato Salvatore.
MarkBroon è la cartina tornasole del tuo stato di forma. Prima di tutto scegli di uscire con lui se vuoi fare un allenamento tosto; se gli tieni la ruota torni a casa a bullarti:”Sono rimasto in scia a MarkBroon” “Cazzo stai dicendo? Vai a farti la doccia che si freddano le lasagne”.
MarkBroon da il colpo finale al tuo morale quando poi la sera arriva a cena e sembra che abbia passato la giornata in spiaggia. Sorridente e abbronzato. Maledetto MarkBroon.
La storia ci racconta come finì la corsa…
Mi hai letto nel pensiero. Sai quanti vaffa…Per fortuna, appena guarita, ricomincio da sola e non alla rincorsa e col cuore a 200 bpm!
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