Le emozioni per le vittorie di Nibali sono sempre speciali, certo perchè per noi italiani le vittorie sono sempre più rare, ma anche perchè le sue vittorie non sono mai scontate.
Sentire i commentatori francesi che urlavano come colombiani quando è arrivato in Via Roma è un chiaro segno di quanto sia amato anche all’estero, probabilmente perchè il ciclismo degli ultimi anni ci ha abituato al dominatore, il campione che arriva e per 3 settimane o 3 gare all’anno è di un altro pianeta, straccia tutti con una facilità impressionate, spesso mettendo davanti una squadra di 9 marziani, finchè arriva un giovane rivale o un avversario imbattibile nelle stesse tre settimane dell’anno dopo che lo scalza dal trono e vince altrettanto facilmente (o, in alcuni casi, finchè arriva l’antidoping). Nibali è diverso, non è arrivato dal niente a scalzare un vecchio dominatore; è stato un giovane promettente, ha cominciato come gregario di lusso ed è cresciuto piano piano prima di arrivare gradualmente alla vittoria; lui vince ormai da 8 anni, ma non ha mai dominato (salvo forse il primo Giro vinto), in ogni grande vittoria è stato sul punto di cadere almeno un giorno (anche nel mitico Tour stravinto, Contador gli ha fatto vedere i sorci verdi sulle prime salite), in quasi tutte le vittorie ha dato l’impressione di non potercela fare almeno per un giorno o un momento, ha vinto dove nessuno pensava potesse vincere (sulle colline inglese e sul pavè di Roubaix nelle prime tappe del suo Tour ed ovviamente alla Sanremo) e quando nessuno si aspettava che vincesse, è crollato e si è rialzato quando oramai nessuno ci credeva più come al Giro del 2016, dove non bastava la gamba ci ha messo il cuore ed il coraggio buttandosi in discesa a rotta di collo o con attacchi tatticamente azzardati, ha sempre dato spettacolo come è costretto a are chi non può aspettare la volata o la cronometro per battere gli avversari; in quasi tutte le vittorie c’è stato un momento in cui sembrava che l’avversario fosse più forte eppure lui in qualche modo ce l’ha fatta, come Davide contro Golia.
Nibali ha vinto tanto (4 grandi giri, uno dei 6 al mondo ad aver fatto la tripletta Giro – Tour – Vuelta, e tre classiche monumento, a naso un palmares che in italia hanno solo Coppi, Bartali e Gimondi), ma ha anche perso tanto (a differenza di altri dominatori invincibili a cui ci siamo purtroppo abituati) ed in alcuni casi anche amarissimamente (vogliamo parlare della Vuelta persa contro Horner, l’emerito brocco che dopo aver navigato nelle retrovie a 40 anni si è scoperto Merckx per 10 giorni? o il secondo posto a Liegi nel 2012 dietro al fenomeno del giorno Iglinskij? o il Giro corso con il fantasma di Contador poi assegnato al povero Scarponi? o della Vuelta del 2017 che non gli è ancora stata restituita e forse non gli verrà mai data?); tante vittorie e tante sconfitte, che rendono ancora più sofferte e più belle le vittorie.
Anche con Pantani – che di emozioni ce ne ha date parecchie – le sconfitte hanno reso più dolci le vittorie, ma li era completamente diverso; con il Pirata era scontato che appena la strada iniziava a salire lui avrebbe iniziato a giocare a un gioco diverso da quello dei suoi avversari, il dubbio semmai era se sarebbe riuscito a guadagnare abbastanza per compensare il ritardo accumulato a cronometro.
Con Nibali no, lui non è mai stato di un altro pianeta, le sue vittorie sono sempre state umane; in silenzio, senza mai dare l’impressione di fare quello che solo i campionissimi sanno fare, ha vinto quanto un campionissimo. Ed è il primo dai tempi di Hinault (ed in un ciclismo completamente diverso da quello dei tempi di Hinault) ad essere riuscito a vincere ripetutamente sia le grandi corse a tappe sia le classiche monumento.
Nibali è il campione che c’è sempre, quello che vince umanamente e che perde come un uomo, quello che comunque non molla mai, quello che con la costanza negli anni e nel corso dell’anno è entrato nel cuore sia dei veri appassionati di ciclismo sia dei tifosi occasionali.
E, soprattutto, in questo ciclismo martoriato dal doping, Nibali è il campione CREDIBILE.
Grande, Vincenzo!
E complimenti a tutto lo staff della Bahrein Merida, che sembra averlo finalmente messo nelle condizioni ideali per dare il massimo.
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