La Granfondo Strade Bianche è destinata a diventare un evento fisso annuale per tutti i granfondisti, avendo già dalla seconda edizione tutti gli ingredienti per diventare irrinunciabile: la gara dei professionisti il giorno prima come elemento di attrazione, paesaggi incredibili, percorso stupendo e diverso dagli altri grazie ai settori, città bellissima, organizzazione RCS a supporto. Se vogliamo trovare un possibile elemento negativo è il periodo dell’anno, che, vista la cancellazione della GF Laigueglia l’ha resa il primo evento stagionale, con tutte le incognite del caso legate a meteo e preparazione fisica. Chi, come me, pensava di fare una simpatica scampagnata tra i verdi colli della Toscana, si rassegni a sputare sangue: è una granfondo molto più dura di quanto si pensi e di quanto gli organizzatori dicano. A dispetto dei 1350 mt di dislivello dichiarati per il lungo, i metri da scalare sono poco meno di 2.000 (1.841 per la precisione) e qui arriviamo ad una delle poco note dolenti di giornata: non posso tollerare che nell’anno 2016 non si sia in grado di misurare con precisione millimetrica il dislivello di un tracciato, quando sarebbe sufficiente percorrerlo una volta con una qualsiasi GPS per averne i dettagli metro per metro.

Dopo una settimana passata a scrutare il meteo, mi convinco ad acquistare la miracolosa Gabba della Castelli, che promette (e lo fa!) di proteggere da vento acqua e freddo, lasciando traspirare. La compro su www.all4cycling.com e rimango sorpreso piacevolmente dalla loro gentilezza quando mi chiamano il giovedì mattina per dirmi che il colore del modello a maniche lunghe è esaurito, e mi offrono allo stesso prezzo la versione convertibile (che costerebbe 30 € in più): bravi, avete conquistato un cliente! Non è l’unica novità con la quale mi presento al via; convinto dalle parole di Cassani e Baldini a Deejay Training Center e dal teaser che gira online, mi decido a provare Carboflow della Enervit, un prodotto a base di flavanoli del cacao da prendersi prima dello sforzo che dovrebbe aiutare il flusso sanguigno, e associo le ottime sensazioni che ho nelle prime 3 ore anche a questa bevanda.

Il ritiro del pacco gara il sabato è un pò problematico perchè capisco che le ondate arrivano associate alla partenza dei prof, proprio di fianco al ritiro pacchi, e alla fine della loro gara. La coda è lunga e noiosa, nella Fortezza dove anche i cellulari non prendono ed è difficile eventualmente comunicare con amici con i quali ci si era organizzati per ritiri di gruppo. Il pacco gara è ottimo, con un sottocasco Xbionic (valore 30 €), una Tshirt dell’evento molto bella e il Vittoria PitStop (10,90 €).

Dopo una cena non all’altezza della cucina toscana, mi sveglio la mattina incredibilmente con il sole: il maltempo sembra averci graziato e anche in griglia c’è addirittura il sole con 14°.

Pulmann Vittoria alla partenza della Strade Bianche

Passo a salutare gli amici della Vittoria che ci hanno fornito i nuovissimi copertoncini Corsa in Graphene che si riveleranno una cannonata anche sullo sterrato e vado a infilarmi nella prima griglia, guadagnata con un’iscrizione fatta mesi fa. Nonostante mi riprometta ogni volta di partire piano e di risparmiarmi, dopo i primi 2/3 chilometri in discesa dove rimango prudente, comincio a farmi prendere le mano, mi sento nel Flow promesso da Enervit, e pedalo oltre le mie capacità, nonostante ogni tanto buttando l’occhio al cardio mi rendo conto di essere sempre ben sopra i 160 battiti e, pur sapendo che non può durare, continuo a ritmo insostenibile. Nel primo settore ‘Gravel’ mi diverto come raramente mi è capitato, e percorro i 5,5 km in 9:03 per poi scoprire su Strava che Niki Tepstra ci ha messo solo 24 secondi in meno.

Alla prima salita arrivo oltre i 39 km/h di media e il sole che comincia a picchiare in salita diventa fin fastidioso, sopratutto sulle gambe, coperte da salopette lunga (credo sarà uno dei motivi per cui poi soffrirò di crampi). Nei momenti in cui non mi faccio prendere dalla malsana foga agonistica mi rendo conto di paesaggi incredibilmente belli, ogni sguardo è da cartolina e mi dico che sarebbe più intelligente fermarsi e fare le foto che continuare a pedalare a testa bassa, ma scelgo il compromesso, scattando qualche foto mentre pedalo, rischiando l’incolumità mia e del mio iPhone.

Verso i 60/70 chilometri, la velocità media è trai 34 e i 35 km/h, il dislivello percorso è di circa 900 metri, e comincio ad essere stanco:poco male, la parte più dura l’ho già pedalata, manca poco dislivello e siamo arrivati. Sta anche cominciando a piovere, ma con la Gabba non c’è niente da temere! Rallento sensibilmente, imponendomi di non andare oltre i 150 bpm per non fare troppa fatica, la stanchezza mi porta ad avere nausea a e mal di stomaco, e non riesco più non solo a mangiare, ma neanche a bere (riuscirò a ricominciare a bere all’autogrill, birra e camogli). Con l’aumentare del dislivello segnato dal Garmin, e i tanti chilometri ancora all’arrivo comincio a temere l’errore degli organizzatori, che mi conferma un simpatico studioso romano che, confrontando le tracce Strava dei prof del giorno prima aveva ipotizzato 1.900 mt di dislivello. “Se sono davvero 1.900 muoio”, gli dico ridendo pensando stia esagerando. Ogni strappo su sterrato, e ce ne sono tanti, da li in poi diventa una morsa allo stomaco ed una lama nei quadricipiti, continuamente stretti da crampi lancinanti. Ai piedi della salita di ingresso a Siena, sapendo dello strappo finale, arrivo ad invidiare un malcapitato adagiato sulla lettiga dell’ambulanza, cullato da una flebo che avrei avuto per me. Passo davanti al palazzetto della Mens Sana e gli ultimi minuti di pedalata mi vengono rovinati dall’immagine della brutta faccia del loro ex presidente e dal coro che i tifosi avversari indirizzavano agli arbitri quando i fischi erano troppo di parte “Voi siete schiavi di Minucci”. Mi trascino ai piedi dell’ultimo strappo, e come metto le ruote all’interno delle mura vengo torturato dalle imperfezioni del lastricato dove la bici si impunta ad ogni pedalata, vista la velocità ormai da graziella col cestello in vimini. Lo strappo dove Cancellara ha vinto la gara il giorno prima risulta essere per me una lotta di nervi tra la voglia di scendere e l’orgoglio che mi impone di rimanere in sella. Vince l’orgoglio e scollino a circa 4 km/h, innervosito ulteriormente dalla mancanza di cartelli che indichino la direzione dell’arrivo, in un centro storico ormai invaso da turisti che passeggiano allegramente in mezzo alla strada (giustamente, ci mancherebbe). Invertendo la direzione mi appoggio ad una simpatica signora che sta addentando un panino e imbocco gli ultimi metri, fortunatamente con il dislivello favorevole.

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L’arrivo in discesa in Piazza del Campo è meno suggestivo del previsto, complice l’attenzione che ci vuole per non cadere sul fondo bagnato e sconnesso; sulla linea del traguardo, Tommaso e Marta aspettano l’arrivo del loro babbo da ore, e mi prendo il loro saluto. La fase di recupero è funestata dal solito speaker il cui eccesso di euforia stride con il silenzio nel quale si vorrebbe stare per riprendersi. Rispondo a monosillabi allontanandolo e guadagno la via dell’albergo, dove sono riuscito a strappare un late checkout per riprendermi falle fatiche.

Clicca qui per scaricare il tracciato GPX della Strade Bianche

Posted by Gio

Terzino sinistro per indole, ciclista per esigenze di salute, comincia a pedalare dopo aver sfondato la soglia dei 100 kg. Si appassiona alla bici e tenta di dimagrire per andare meno piano in salita. Ossessionato dalla tecnologia scopre Strava, dal quale sta tentando di disintossicarsi. Pedala sua una BMC RoadMachine con Campy Record EPS Disc e Bora.

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