Me l’ero sospirata questa settimana a Gran Canaria con gli amici di Bike Division. Me l’ero preparata, immaginando favolosi percorsi tra le rocce laviche e il mare, a inseguire gli scatenati capitanati da Andrea Tonti.
E invece eccomi qui, sui rulli a sudare (un’ora al giorno, non esageriamo), mentre loro, i fortunati, si godono i panorami mozzafiato tra gole e dune, tra agavi e pinete, tra l’oceano e la montagna, in bici! E per di più con fotografo dedicato e riprese da un drone. Non ci voleva quest’ultimo infortunio, ma sono qui ugualmente a prendere le misure per quando tornerò.
Grazie Michela e Silvia: mi avete procurato all’ultimo momento una favolosa, quanto ahimè sprecata, Cannondale verde fiammante, nuovissima e perfetta, dall’organizzatissimo negozio Free motion a Maspalomas. Niente da invidiare alla mia amatissima Colnago C59.
Ma alla fine ci sono arrivata anch’io, in auto per questa volta, su quelle strade perfette. Lasciati gli amici che, indefessi, hanno programmato una “sgambatina” sino a Puerto Megàn (1200 m di dislivello andata e ritorno!), partiamo in auto: io curiosa, Giampiero a farmi da autista e guida,a conclusione di una settimana passata pedalando.
Lasciate le dune di Maspalomas, la costa sino a Vecindario non è un gran che, nemmeno troppo impegnativa, vento a parte, ma appena ci addentriamo verso Santa Lucia le cose cambiano. Incontriamo alcuni giovani professionisti che si allenano: vanno come moto. Salgono a 25 Km/h su tratti con pendenze del 9% (controlliamo da dietro la velocità). Ma chi saranno? Non li riconosco, ma so che ci sono qui squadre in allenamento; Giampiero e il gruppo li hanno incontrati i giorni scorsi.
La strada sale dapprima tra le palme, poi tra le rocce laviche rosse e le piante grasse, un tortuoso serpente nero che tra tornanti, curve e lunghi “dritti” sale per il Barranco de Tirajana sino a Santa Lucia, attraverso la caldera vulcanica.
Sosta caffè (e dolcetto) nella piccola ma profumata panetteria del paese, dove si ristorano alcuni ciclisti “locals”, e si prosegue verso il tratto più duro sino a San Bartolomè de Tirajana. Qui Giampiero propone una deviazione verso il miradòr di Cruz Grande, per mostrarmi la salita fatta qualche giorno prima (un altro percorso da segnarsi sul Garmin).
Da questo punto non si scherza più: la strada si impenna nelle pinete, con strappi anche violenti, che mi avrebbero certamente messa a dura prova. Sempre più su, la salita non finisce mai: sono 15 Km al colle, poi si gira a destra per rampe ripidissime tra i pini. Passiamo dal Roque Nublo un enorme masso basaltico a forma di dito, che si vede dalle dune di Maspalomas e dal Roque Bentayga, montagne sacre per gli aborigeni, e finalmente vediamo la cupola dell’osservatorio astronomico. Un’ultima breve rampa e ci siamo. Il panorama è fantastico: da un lato la caldera e il mare in lontananza, dall’altro Tenerife e la vetta del Teide.
Scesi ad Ayacata (niente sosta al bar dei ciclisti), una profumatissima fioritura dei mandorli ci accompagna verso una strada panoramica che ci porterà al mare, passando dai laghi Prensa de las Niñas. L’asfalto qui non è ottimale, almeno per i primi 8 chilometri, ma il panorama è spettacolare. Passati i laghi eccoci al bivio per Arguineguìn da un lato e per Puerto de Mogàn dall’altro. Immagino la discesa meravigliosa su questi tornanti stile Stelvio (vedi post di Giovanni), pennellando le curve. Seguendo l’omonimo Barranco arriviamo a Puerto de Mogàn, dove ci attende un meritato panino al pata negra , innaffiato da una birra ristoratrice, al bar El Jamonàl.
L’interminabile su-e-giù lungo la costa – vento contrario, poveri ciclisti! – ci riporta a Maspalomas. Adios Gran Canaria, anzi hasta luego: tornerò in bici.
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