Come dice il titolo, “Il Corno di Orlando – vita, morte e misteri di Ottavio Bottecchia” racconta la vita, le imprese e la tragica fine (incidente in allenamento o agguato di una squadraccia fascista?) di Ottavio Bottecchia, il primo italiano a vincere il Tour de France nel 1924 (e a bissare l’anno dopo).
Come si può desumere dal titolo (una citazione della Chanson de Roland) e dallo spessore del libro (oltre 500 pagine), non mancano né la retorica né i dettagli.
Entro certi limiti la cronaca dettagliata di quei tour e di quelle tappe ci da effettivamente l’idea di cosa fosse e di quanto diverso da oggi fosse il ciclismo dell’epoca: tappe anche di oltre 500 km (che significa, tra le altre cose, che la tappa della domenica partiva sabato sera verso le 20:00 e che anche per le tappe più corte – 300 km! – si partiva di notte e si pedalava per ore con il buio), salite su cui si andava più veloce a piedi che in bici, forature continue, un “codice etico” non scritto secondo cui attaccare l’avversario che forava era assolutamente normale e quindi per sopravvivere era necessario cambiare le ruote il più velocemente possibile (a proposito, sapete quanto ci metteva Bottecchia a cambiare un tubolare? 1 minuto e mezzo!), la ricerca di fabbri nei paesi per riparare eventuali danni al telaio, l’assalto alle osterie per trovare da mangiare o ripararsi in caso di maltempo, il rischio di sbagliare strada agli incroci e la condivisione della strada con le macchine (e con i tifosi in macchina).
Oltre certi limiti (e quando arriviamo a 500 pagine siamo abbondantemente oltre i limiti), ripercorrere ogni tappa di un Tour de France di ormai 96 anni fa metro per metro, foratura per foratura, passaggio intermedio per passaggio intermedio diventa parecchio noioso se chi scrive non ha la penna di Dostoevski (o di Gianni Brera); se poi aggiungiamo un’abbondanza eccessiva di retorica non eccelsa e una chiusura con in stile giornalismo d’inchiesta sulle cause della morte di Bottecchia (no grazie, ci bastano le teorie sulla morte di Pantani, quelle su morti e omicidi di una novantina di anni fa le possiamo chiudere con la fine del ventennio, con tutto il rispetto per tutte le vittime del fascismo) non ci siamo.
Anche la narrazione, che alterna toni da narrazione epica a toni da giornalismo di inchiesta (o da ricostruzione storica), non è particolarmente omogenea.
In conclusione, il Corno di Orlando è un libro che in tanti passaggi emoziona o è quantomeno piacevole; alla lunga, diventa però molto ripetitivo e noioso, troppo noioso; un libro consigliato decisamente solo agli appassionati ciclisti appassionatissimi lettori.
Nonostante la precisione della cronaca, alla fine del libro non ho ancora capito una cosa: posto che tra il primo e l’ultimo corridore passavano le ore e che quindi non erano tutti raggruppati né seguiti da veicoli dell’organizzazione, se i ciclisti partivano per la Torino – Trento – Trieste (ben oltre 600 km, se non ricordo male, se anche fosse qualcuno meno comunque chapeau!), come facevano a non perdersi prima o poi?
Claudio Gregori, Il corno di Orlando – Vita, morte e miracoli di Ottavio Bottecchia, 66th and 2nd editore, 506 pagine, € 22,00.
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