Ci sono persone che anche se non conosci ti sembrano invincibili.

È da domenica sera che non riesco a capacitarmi. Stavo guardando la Juve con gli amici e dal nulla una telefonata è come se avesse rotto qualcosa. Non mi era mai successo per qualcuno così lontano.

Kobe lo guardavo con gli occhi di chi si era innamorato di Michael Jordan, stesse movenze, stesso stile e rabbia agonistica, la Mamba Mentality. Poi piano piano ha preso una sua dimensione tra chi seguivo.

Lo vedevo in TV quando abitavo a Londra e sentirlo parlare italiano mi faceva tornare un po’ a casa e mi rendeva orgoglioso di essere italiano, come solo chi ha vissuto all’estero può capire. E da allora cercavo di seguirlo, soprattutto quando veniva in Italia per sentire quel suo accento mezzo calabrese e mezzo romagnolo, ma mai americano.

Indimenticabili le interviste da Linus e Savino a Deejay Chiama Italia. Così umane e allo stesso tempo così incredibili per chi stava dominando il basket mondiale a tutti i livelli.

Non credo che ci possano essere degli sportivi paragonabili a Kobe in questo momento, così grandi anche fuori dal campo. Non era uno stinco di santo, è stato accusato di stupro, ha tradito, ha picchiato ed è stato spesso considerato un “veneziano”: capace di monopolizzare una partita anche quando non ne metteva dentro una, per sbaglio. Ma lui non si è mai fermato. È sempre rinato dai suoi errori per vincere e tornare sempre più forte. Un’ispirazione.

Non sto qui a raccontarvi quello che ha vinto e come lo ha vinto: basta farsi un giro sui social per capire il suo impatto sullo sport mondiale.

Di recente dopo qualche anno, sono tornato a guardami le partite dell’NBA la notte: verso le 3 mi sveglio da quando i miei figli mi hanno regalato questo ritmo del sonno. Nulla di nuovo, nulla di strano, in tanti so che hanno il mio stesso ritmo.

E così qualche settimana fa l’ho visto in diretta che salutava Doncic a bordo campo, durante la partita dei Laker contro i Mavericks. Due stelle, una nascente e l’altra ancora splendente. Noto che al suo fianco c’è la figlia e cerco di capire. In perfetto stile Kobe, scopro che ha aperto una scuola di basket, che insegna alle ragazze, e che sua figlia Gianna ha la stessa forza e determinazione.

Era destinato a fare cose grandi Kobe. Molto più grandi di quelle che aveva già fatto sul parquet dello Staples Center. Forse è questa la grande perdita che in tanti sentono e subiscono, senza capacitarsi del perché da qualche giorno siamo a ricordare certi canestri, certi movimenti, certe interviste.

Perché ci sono persone che anche se non conosciamo ci sembrano invincibili.

Posted by Max

Ciclista da quando è nato. Ha provato la sua prima bici da corsa nel 2015 perché si erano esauriti gli sport da lui praticabili e ne è rimasto folgorato: "posso tornare a fare sport senza soffrire di tendinopatia!", per poi tornare a soffrire sulle salite attorno al lago di Como. Lavora in aziende digitali da vent'anni e pratica anche la vela (senza soffrire). Ha una Wilier GTR 2015, una Passoni XXTi Campy Super Record + Bora e una Canyon Neuron. Scrivigli a max@bklk.it

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