Preso dall’ebbrezza del giro sul percorso dell’Alta Valtellina Bike Marathon con mia moglie su una mountain bike a pedalata assistita, visto che nella vita bisogna sempre migliorare come seconda gita mi sembrava carino passare ad un trekking di due giorni: prima tappa Brunate – Boletto – Sentiero dei Faggi – Rifugio Riella – Colma di Sormano – San Primo – Bellagio, poi traghetto per Menaggio e risalita al Venini da Benelario; seconda tappa lungo la classica Via dei Monti Lariani (Rifugio Venini – San Fedele Intelvi – Pian dell’Alpe – Sasso Gordona – Colma di Binate – Bugone – Bisbino) e discesa a Cernobbio per la strada asfaltata.
Si comincia il venerdì con la preparazione dei mezzi: una Hersh Kustom Race 29″ per me e una emtb Flyer Uproc a noleggio per mia moglie.
Poi preparazione dei bagagli per la notte al rifugio, tagliando severissimamente tutto il superfluo; resistono solo il sacco lenzuolo, calze mutande pantaloni e t-shirt puliti per la cena al rifugio, lo spazzolino da denti, una scorta di barrette per due giorni (nel caso non si trovasse una polenta sulla strada) e soprattutto il cavo per ricaricare la batteria dell’emtb … in tutto saranno solo 3-4 kg, abbastanza leggero per dimenticarmi di aver lo zaino in spalla anche dopo 4-5 ore di pedalata (ora che lo so, la prossima volta mi concedo qualche comodità in più, almeno un pile che mi dia un’alternativa alla Gabba – sempre sia lodata ! – per la cena).
Sabato mattina mi tolgo lo sfizio di condividere con mia moglie la colazione del ciclista (un bel piattone di pasta per tutti e due), più per dare un sapore epico alla giornata che per una reale necessità, visto che le energie necessarie per completare l’impresa lei le troverà nel motorino più che nei carboidrati presi a colazione; poi ultima riunione preparatoria con Tommi e Lavinia (altra coppia mista mtb + emtb) e via per la funicolare fino a Brunate.
Da Brunate al Boletto si sale costantemente fino al crinale del Triangolo Lariano, 3 km su asfalto e poi altri 3 su sterrato; tutto bene, a patto di non offendersi per i commenti dei camminatori sui ciclisti che si fanno superare dalle cicliste o per le urla “pista pista !” “fatti più in là!” delle campioncine elettriche.
Dopo lo scollinamento sotto al Boletto, invece, i problemi finiscono per noi ciclisti veri e cominciano per le cicliste della domenica; sul single track umido e coperto di foglie del Sentiero dei Faggi (4-5 km), Pardis cade la prima volta, si spaventa, si sente insicura (forse anche perchè la bici taglia M è troppo grande per lei), si irrigidisce e tutto diventa ancora più difficile per lei e per me che – in qualità di organizzatore – sono istituzionalmente deputato a sentirmi le mie; piano piano, con calma e con qualche pausa in un’oretta scarsa arriviamo alla Bocchetta di Lemna.
Finisce il single track e torna il sorriso anche alle fanciulle, che ripartono a velocità motociclistiche fino al Rifugio Riella (altri 3 km circa, con un paio di strappi oltre il 20 %); pausa the e poi ancora via in serenità per un’altra decina di km di facile sterrato sui crinali delle montagne fino alla risalita al San Primo, dove Pardis cade nuovamente e ricominciano i problemi, sopratutto nella discesa (che per la verità avrei in gran parte fatto a piedi anche io), con un nuovo giro di insulti che in mancanza di un Malaussene mi devo sopportare interamente;
Nel dubbio scendiamo a piedi fino alla base di partenza dello ski lift tenendoci ben lontani dalla pista da downhill e, tornati sull’asfalto, possiamo finalmente pensare solo alla pausa pranzo e alla ricarica della batteria in vista della risalita al Venini; visto che ci vogliono un paio di orette per riportarla almeno a 4 tacche, tanto vale prendersela comoda davanti a una bella polenta.
Aspettando la ricarica, però, il tempo passa e si arriva a Bellagio alle 16.30, troppo tardi per risalire al Venini prima che faccia buio; meglio anticipare la pausa a Varenna, rilassarci un po’ e ripartire la domenica mattina.
Domenica mattina però piove e il sorriso di mia moglie quando gliel’ho detto vale più di mille parole … si ritorna per la Regina (sotto l’acqua) e il week end si conclude nel primo pomeriggio con la conta dei lividi alle sue gambe.
Questa volta forse ho esagerato con la scelta del percorso; che il motorino aiuti (tanto) in salita è ovvio, ma in discesa e sui single track bisogna pur sempre saper guidare la bici, cosa che non è per niente scontata per chi non ha la confidenza con la bici di chi pedala tutti i week end.
Tra l’altro, per i ciclisti abituali è anche difficile valutare le difficoltà per i neofiti; ad esempio il sentiero dei faggi, che nei miei ricordi era un meraviglioso taboga su un letto di foglie morte, potrebbe essere un incubo per le mogli al seguito.
Bilancio del week end:
Anche se abbiamo dovuto abbandonare a metà, abbiamo fatto insieme tutta la dorsale del Triangolo Lariano, che è un percorso stupendo (pare che una rivista australiana lo abbia inserito nella Top Ten dei percorsi a livello mondiale e guardando qui il relive si capisce il motivo), soprattutto se si trova una giornata sufficientemente limpida per godersi i meravigliosi panorami sul Lago di Como, sulla Grigna e sul Monte Rosa.
Qualche piccola caduta e qualche livido fa parte del gioco quando si va in mountain bike (a condizione che si sia psicologicamente pronti a cadere e a non farsi impressionare dalle cadute); e poi, a piedi non sarebbe certo caduta, ma non sarebbe neppure arrivata a Bellagio o, se ci fossimo arrivati, scommetto che dopo 40 km a piedi le nostre gambe sarebbero state più tumefatte ancora.
Ogni considerazione lascia però il tempo che trova di fronte al fatto che Pardis è rimasta tutto il giorno in ansia per il timore di cadere e farsi male; sfido chiunque a divertirsi quando – giustamente o meno – si sente in pericolo (sensazione che io, soffrendo di vertigini, ho provato più volte facendo sci alpinismo) e, visto che eravamo li per divertirci, la ciambella non è certo uscita con il buco.
Ma forse l’esperienza non è stata neppure così tragica; con un minimo di gradualità, ricominciando da sterrati più agevoli, facendo più attenzione che la bici noleggiata sai della misura giusta e scegliendo un itinerario che porti ad una buona polenta forse si può riprovare (e il fatto che Lavinia, con un po’ di esperienza in più e una bici adatta abbia fatto l’intero percorso senza cadere lo conferma).
Note tecniche:
Bici Elettrica Flyer Uproc 3.
La batteria è arrivata al Pian Rancio (circa 30 km, di cui almeno 25 su sterrato, con 1.000 mt. D+), con ancora 2 tacche su 5, nonostante un uso quasi motociclistico in salita; nessun problema a trasportare nello zaino il cavo per la ricarica, ma ci vogliono almeno 2 ore per ricaricarla a sufficienza; peso 18 kg.
Noleggio della bici c/o Cicli Ferca Como – € 50/giorno.
Attenzione: hanno due e-mtb, una taglia M ed una taglia L; per le donne, salvo che siano altre almeno 170 cm, anche la M è un po’ grandina.
Molto meglio la mia Hersh Kustom Race 29″ !
[…] che portandola in mtb sulla mitica dorsale del triangolo lariano si è lamentata delle difficoltà di guida sullo sterrato, ho pensato realizzare i sogni natalizi […]