Crampi, pioggia, caldo, sete, fame, disidratazione, cadute, Tiffi, Barbotto, … Marco il marito di Barbara, non ha considerato l’ipotesi che non fossi sereno nell’affrontare per la prima volta la Nove Colli, inutili i miei tentativi di riportare il discorso sul divertimento, sulla pedalata serena e sull’esperienza ciclistica: “Questa la curva dove l’anno scorso sono caduto e me la sono dovuta fare a piedi fino al traguardo!” e il mio ultimo barlume di tranquillità si spegne lungo la pedalata rilassante del sabato sotto la pioggia. Arrivo alla partenza con un’ansia che nemmeno alla mia prima granfondo…
Il programma prevedeva di andare a Cesenatico in completo relax per accompagnare Barbara lungo i 205Km della granfondo, io al traino grazie all’esperienza di Gio che ne ha ormai fatte una decina.
Ma come spesso capita non è successo nulla di tutto questo. Gio arriva in condizioni pessime per poter solo pensare di mettersi in auto e partire. Improvvisamente mi ritrovo da solo a dover affrontare l’organizzazione dei giorni che precedono l’evento e, tra l’altro, la Nove Colli che affronto appunto per la prima volta. Ansia.
Con il senno di poi non c’era nulla di cui doversi preoccupare. Barbara è stata una ciclista perfetta e una ragazza di compagnia con cui abbiamo passato delle ore splendide a tavola e sui pedali. L’organizzazione, l’albergo, le bici e tutto il contorno sono stati perfetti, insomma un fine settimana splendido in cui sono riuscito a godermi fino in fondo la Regina delle Granfondo.
La mattina di domenica partiamo dall’albergo dopo che di notte è venuto giù il mondo. Alle tre mi sono svegliato disturbato da quello che pensavo fosse un uccello sul balcone, in realtà era l’acqua che scrosciava nei tubi di scolo come un torrente carico di acqua. Eppure questa volta le previsioni davano tempo leggermente nuvoloso. Smetterà, penso.
E in effetti la mattina lasciamo l’albergo con le strade bagnate ma senza la pioggia. Arriviamo in griglia con un timing perfetto, un’attesa di una ventina di minuti e via.
Perdo Barbara dopo pochi metri. Avevo sentito che all’inizio tutti pestano sui pedali come dei dannati. Io ancora sono con la testa sotto le coperte, con gli occhi gonfi e la voglia di pestare non c’è. Decido di andare al mio ritmo e di prendere i treni che passano. Arrivo così sotto il Polenta dove mi tolgo agevolmente la mantellina per iniziare a salire. Incrocio Barbara salutandola e confermando a me stesso che non riuscirei a cambiare il passo: meglio che ognuno di noi la faccia come crede.
Ora, non pensiate che sia in grado di ricordarmi i nomi dei colli. Per ogni colle che troverete citato pensatemi a guardare la mappa e decidere di quale salita si tratta. La nozionistica non è mai stato il mio forte. Certo il Barbotto, il Gorolo e il Polenta li ho ben presenti, non per altro ma perché sono stati lo spauracchio iniziale, il primo e l’ultimo da affrontare. Per il resto mi serve la mappa.
Il Polenta ha qualche strappo spacca ritmo ma per il resto si supera agevolmente. Rivedo i tratti di strada che con Simone e Giovanni abbiamo percorso per riprendere i filmati dei 10 colli. Una ricognizione che mi ha aiutato non poco, senza avrei faticato soprattutto di testa a gestire le forze lungo i 205 Km.
Pieve di Rivoscio (sguardo alla mappa…) è una bellissima salita con ritmo che sale tra campi e tornanti dove cercavo il trattorino che ci ha accompagnato il giorno del film, ancora sorrido al ricordo. Lo sguardo verso il basso lungo i tornanti mostra una marea di gente che sale e pedala. Questo è il ciclismo che adoro. Queste sono le Granfondo in cui voglio partecipare. Questo lo spirito che cerco. E dopo Firenze mi riconcilio con me stesso e con la voglia di partecipare alle granfondo italiane.
Il Ciola me lo ricordo duro e brutto. E così è. Si sale con inclinazioni dure ma per tratti corti. Il 36/28 non mi aiuta, avrei preferito la compact alla semi-compact ma pazienza, l’Endurace per il resto è sempre un piacere da guidare: comoda, sicura e granitica quando devo spingere sui pedali.
Quasi non me ne accorgo e attraverso la piazza del mercato ai piedi del BARBOTTO! Quindi il ponte sul torrente e via verso il mito della salita più dura della Nove Colli. In realtà l’affronto senza patire né la pendenza né la lunghezza, salgo senza strafare è vero, ma mancano ancora più di 110km, non siamo nemmeno a metà. E poi mi ricordo che superata la prima cima ci sono ancora sali e scendi che, come direbbe Marco: “potrebbero farti stare male se non li gestisci bene”. E allora mangio e bevo guardandomi attorno e pedalando al ritmo giusto.
Mi ritrovo con qualche ciclista del lago, incluso Mark Broon che saluto velocemente, senza prendere in considerazione nemmeno per un istante di farmi tirare o di seguire: altro ritmo altra forza. Ci rivediamo subito dopo il bivio medio/lungo. Scambiamo due battute con il gruppo e ripartiamo.
Lungo il percorso mi sono fermato a un paio dei ricchissimi punti di ristoro, per rifornirmi di acqua, di sali e a mangiare banane, il cibo che ho verificato non crearmi problemi di digestione e in grado di darmi forza e sali. Bevo tanto e mangio gel a ritmo di uno ogni 45’. Gestire la parte di alimentazione stando in sella per più di otto ore è fondamentale. Ovvio e non da sottovalutare.
Il trittico che segue è il mio “Barbotto”. Tiffi, Perticara e Pugliano (la mappa mi conforta…) sono salite dure e lunghe che danno qualche volta tregua, ma che poi paghi per questioni matematiche: per mantenere certe pendenze medie la prossima salita sarà ancora più dura. E così succede su Tiffi e Perticara, mentre sul Pugliano soffro la lunghezza. 9Km al 5,6% medio significa per me pedalare per tre quarti d’ora in salita dopo 140Km, durissimo e psicologicamente snervante.
La discesa è fredda e lunga. Per cui mi rimetto la mantellina e scendo verso l’attacco del Passo delle Siepi. Una bellissima discesa sotto la rocca di San Leo. Forse la parte più panoramica della Nove Colli.
Il Passo delle Siepi è più che altro lo spartiacque verso la parte finale. La salita è corta e pedalabile, ora si tratta di prendere il treno giusto per arrivare ai piedi del Gorolo. Fortunatamente lo prendo subito. Un gruppo che alla fine sarà di una trentina di ciclisti che vola tra i 35 e i 40Km/h verso l’ultima salita.
Anche il Gorolo lo affronto per gestire le sue pendenze brusche. Sento un primo crampo all’interno coscia che penso sia dovuto alla sella: non è quella che uso abitualmente e sento una leggera pressione sulla gamba. Scollinato penso di aver terminato la mia salita, in realtà si susseguono anche qui altri strappi che non mi permettono di rilassarmi.
Scendo finalmente verso Cesenatico in compagnia di un paio di ciclisti con cui ci aggreghiamo a un treno per affrontare gli ultimi 15 Km dove, dovrei patire i crampi secondo le previsioni di Marco e stare attento ai cavalcavia secondo i consigli di Robertino. Me ne frego.
I tre in rosso davanti pestano e andiamo a 40Km/h lungo le strade diritte del finale. Uno del gruppo agita il gomito davanti a me… manco per sogno, io resto qui al coperto dietro a tutti, quando metto fuori la testa è solo per rendermi conto di dove siamo. In realtà non ce la fa più, si scosta e si defila. Spingo sui cavalcavia come se fossi partito da pochi minuti. Spero che le mie gambe non ne risentano. Mancano 5Km e entriamo nelle stradine tra i campi di fragole dove superiamo con una forza che non pensavo di avere, un gruppetto che viaggia comunque spedito. Inebriante.
L’ultimo chilometro lo faccio quasi tutto al rilancio per non perdere il contatto con il mio gruppetto. Rotonde, curve a gomito e svolte prese sempre con un ritmo entusiasmante che mi porta al rettilineo di arrivo dove spingo da solo in presa bassa: mai avrei pensato di arrivare così al termine della mia prima Nove Colli. E’ finita. Bellissima.
Mi prendo la medaglia ma non il bacio dalle stupende ragazze che giustamente si rifiutano di toccarmi. Dopo 200km potrei avere le peggio cose sul volto. Resta il fatto che dopo aver visto culi per 8 ore la loro vista è inebriante come il rettilineo che ho appena percorso. Così come l’area dei massaggi. Mi metto in coda con Andrea e Guido, altri lagheé che ritrovo proprio qui.
Luca mi massaggia un po’ sbrigativamente ma ci sta. Credo stia per esaurire le forze: è da 4 ore che regala piacere e toglie acido lattico dalle nostre gambe.
Coca e piadina sono la giusta conclusione di giornata. Ormai rinuncio sistematicamente ai pasta party, non ho la pazienza di aspettare in coda. So di perdermi qualcosa, ma pazienza. Questa volta mi rifarò da Giuliano al Porto Canale con il gruppo di laghée a cui si aggiunge Alberto di 4Granfondo che chiude la sua Nove Colli in 6h e 30′, un marziano! Tra i racconti e le domande per Alberto ci godiamo pesce e bianco fresco, la ciliegina sulla torta di una giornata memorabile.
Bella la Nove Colli. Ho respirato ciclismo dal momento in cui sono arrivato a Cesenatico la sera di venerdì tra le rotonde con le foto di Pantani. L’ospitalità delle persone è speciale, così come la loro simpatia. La Granfondo è dura, per me durissima; diversa da tutte le altre, la paragono alla Mallorca 312 per difficoltà, seppure una difficoltà diversa dovuta agli strappi dei colli piuttosto che alla lunghezza del percorso. Forse non è tra le granfondo con il panorama più spettacolare, nulla a che vedere con certi scorci sul mare o sulle montagne di altre, ma i giorni trascorsi al mare in attesa della partenza regalano un immenso piacere in questa terra ospitale.
Un consiglio per gli organizzatori, se ce ne fosse bisogno, è cercare di farla diventare ancora più internazionale di quanto già non lo sia: sarebbe un ottimo esempio di organizzazione e di stile di vita per promuovere non solo la Romagna ma l’Italia intera. Bravi!
[…] gambe che hanno scalato un dislivello notevole per i miei standard (l’anno scorso…). La Nove Colli mi ha rinfrancato parecchio rispetto al timore di soffrire lungo la salita del Ventoux, eppure il […]