Proviamo a fare un esperimento: pensate tutti al giro in mtb più bello che avete fatto e contate quanti chilometri consecutivi avete fatto su strade sterrate senza incontrare case, macchine, parcheggi o altro (valgono solo i rifugi CAI). Nel mio caso, il giro è la mitica dorsale del triangolo lariano, il Sentiero delle Colme, dove arriviamo a una quindicina di km dal Cao alla Colma di Sormano (più o meno altrettanto se considerassi i vari -meravigliosi – giri nel Parco Nazionale dello Stelvio).
Bene, adesso parliamo della Via del Sale. Innanzitutto, per chi non lo sapesse, è la vecchia strada usata da pastori, viandanti e commercianti (di sale sopratutto, da qui il nome) per andare dalla Liguria al Piemonte; durante la Grande Guerra, è diventata una mulattiera militare che collegava le varie postazioni militari, dalle Caserme di Marta al forte del Colle di Tenda, che presidiavano il confine italo – francese; oggi è una strada sterrata ad uso esclusivamente turistico (con libero accesso alle mtb e numero chiuso per moto e fuoristrada) che corre al confine con la Francia lungo i crinali delle Alpi Marittime (dal Colle di Tenda, sopra Limone Piemonte, fino al Lago di Allavena) salendo e scendendo per tanti piccoli passi tra i 2.000 e i 2.200 mt. Slm.
La sua grande bellezza (bellezza per davvero in questo caso, non come quella di Sorrentino) è presto detta, soprattutto se ripenso ai miei 15 km sterrati sul Sentiero delle Colme: per 60 km non c’è ombra di casa, strada asfaltata, cartello stradale, traliccio dell’alta tensione o altra opera umana, salvo due Rifugi CAI e i vecchi forti militari (che sono peraltro quel genere di opera umana che secondo me rendono la natura attorno ancora più bella) ed un paio di fattorie; né ci sono rumori di strade, case o altro.
Ogni volta che si arriva in cima ad ogni colletto e si butta l’occhio di là, si vede solo la mulattiera militare che corre tra le rocce e i prati; ad ogni scollinamento la meraviglia si ripete, a volte allungando il collo per guardare di là si trova una conca erbosa con la strada che ondeggia morbida tra i prati prima in discesa e poi in risalita fino al colle successivo, altre volte la mulattiera scavata tra le rocce.
Se non fossi riuscito a spiegarmi bene e se il relive non fosse abbastanza convincente, provo a dirlo con altre parole: qui non è come da noi che se prendi a destra qui e attraversi la strada più sotto riesci a farti 15-20 km senza macchine; qui sei nella natura selvaggia per 60 km esatti, di strada ce n’è solo una e se la lasci vai a sbattere contro un prato verde o una parete di roccia, qui se mai sentissi la mancanza di un traliccio dell’Enel non avresti altra scelta che metterti il cuore in pace e rassegnarti ad aspettare sera per ritrovarne uno; roba che noi quasi-milanesi imbruttiti dalla cementificazione selvaggia ci sogniamo di notte (o, forse, neanche più immaginiamo possa esistere in Italia).
La bellezza, infinita, in effetti è proprio qui, nella ripetizione di tanti piccoli gioielli, nessuno di loro particolarmente bello se preso singolarmente (le Dolomiti o il Parco Nazionale dello Stelvio sono tutta un’altra cosa), ma che diventano meravigliosi per la loro successione – e la sensazione di pace prolungata – se presi nel loro insieme, uno via l’altro, soprattutto con l’aria tersa delle mattine d’estate a 2.000 mt, sensazione che né il Parco Nazionale dello Stelvio né le Dolomiti infestate da tutti gli impianti da sci ormai danno.
Una bellezza di sensazioni, insomma, più che di posti; descrivere il giro passo per passo non ha quindi tanto senso, non c’è un’attrattiva che spicchi sulle altre e meriti di essere descritta, né una salita particolarmente dura dalla quale mettere in guardia.
Qualche informazione pratica può comunque essere utile: una volta raggiunto il Colle di Tenda e superate le piste da sci (quota 2.200, circa 1.000 D+ da Limone Piemonte), tutte le salite sono al massimo di un paio di km e di un centinaio di metri di dislivello, niente di impossibile. Si tratta comunque di un percorso di 95 km – 60 km sulla mulattiera sterrata e circa 35 dal lago di Allavena a Ventimiglia su strada asfaltata (il prezzo da pagare) – e 1.800 mt. D+ (in senso contrario, sono circa 1.200 in più), alla lunga la fatica si sente, soprattutto sulle braccia.
Tutta la Via del Sale è carrozzabile, per cui non ci sono difficoltà tecniche; il fondo stradale è però quasi sempre in roccia o sassi, che alla lunga (parliamo comunque di almeno 6 ore nette di pedalata) massacra di brutto polsi, braccia e spalle. Inutile dire che è un percorso per mtb, meglio se biammortizzate o comunque con una buona front.
Di certo, nonostante il mal di braccia, è uno di quei giri in cui non appena ti togli di dosso la polvere e il sudore ti vien voglia di ricominciare da capo, forse anche la polevere te la togli con un bel bagno nel mare di Ventimiglia (o Sanremo o Mentone, a seconda dei gusti) dopo essere partito all’alba dalle Alpi … non è la Sardegna, ma neppure la doccia di casa!
Tempo impiegato: 6h 30′ netti, circa 10h ore lorde.
Il percorso non è da confondere con quello della GF La Via Del Sale, che parte ed arriva a Limone Piemonte ed ha in comunque con questo viaggio solo alcuni tratti; a scanso di equivoci, guardate la mia traccia Strava, ma non seguitela ciecamente perché grazie ai soliti scherzetti del Garmin siamo andati più volte a farfalle (sempre rigorosamente in salita, come vuole la legge di Murphy).
A parte il rifugio don Barbera, non ci sono punti di ristoro o fontanelle lungo il percorso, per cui è necessario partire con una scorta d’acqua adeguata (per me è stato provvidenziale il Camelbak); il punto di ristoro successivo è il Rifugio Allavena (altro rifugio CAI, dove non brillano per gentilezza) o il bar di fronte, quando si è ormai sull’asfalto (ma a una ventina di km dal primo centro abitato, che è Pigna, un migliaio di metri più sotto).
Punti di assistenza meccanica neanche a parlarne, quindi meglio controllare bene la bici prima di partire e portarsi pezzi di ricambio e attrezzi vari.
Al don Barbera si può anche pernottare comodamente (docce a parte) per la notte; fare il giro in giornata è bello, farlo in due giorni, dividendo lo sforzo e avendo più tempo a disposizione per goderselo, è ancor più bello.
Da Ventimiglia a Limone Piemonte si può rientrare in treno, percorrendo la linea della Valle della Roya che è bellissima.
Unica nota (semi) dolente: il percorso è così bello e così unico in Italia che è diventato un’attrazione anche per i motociclisti e i club di 4×4; il loro accesso è però contingentato, per cui non danno fastidio più di tanto, anche perchè di solito viaggiano in gruppi di 30-40 mezzi (che vuol dire fermarsi 5-10 minuti per farli passare, ma poi avere tutta la montagna per se per qualche ora).
Per questo giro abbiamo usato (con piena soddisfazione, salvo la forcella anteriore, che era decisamente troppo dura per tutti i sassi e le rocce trovate sulla strada):
Bici Hersh Kustom Race 29″, con forcella Rockshox Brain 9 cm (troppo poco!) e pneumatici Vittoria Barzo.
Abbigliamento, caschi e occhiali Dot Out; calze The Wonderful Socks; zaino Camelbak con “serbatoio” da 2 litri (utilissimo).
[…] sono andato a fare la Via del Sale, la sera prima della partenza mi son messo lì dopo cena a caricare sul Garmin 820 il percorso […]
Bella descrizione della via… sottoscrivo tutto avendola fatta 3 volte e accingendomi a farla una quarta a breve. Consiglio caldamente (se ben equipaggiati) a fare anche il secondo giorno… riprendendo l alta via dei monti liguri e passando sotto il monte toraggio… paesaggi pazzeschi e single track divertenti, per quanto ci sia da prestare attenzione ad alcuni tratti esposti.
Ciao!