L’ho sempre considerata bene, non da talebano della fatica, perché in grado di aprire la strada a persone che non sarebbero mai riuscite a raggiungere quel rifugio o a scalare quella montagna. Mi sono sempre chiesto quanto fosse il dispendio di energia richiesto per portare a termine un bel giro. Finalmente l’occasione per avere qualche risposta è arrivata con un giro in famiglia a Pinzolo.
Abbiamo noleggiato tre KTM e-MTB front prezzo di listino €2.600, noleggio giornaliero €35 da Nardis Sport, una bicicletta a pedalata assistita con motore Bosch in grado di percorrere anche 100Km secondo il gentilissimo noleggiatore, con cui però mi è parso di capire il cliente tipo del negozio non si spinge su percorsi accidentati e in sentieri impervi, cosa che io invece cercavo, per cogliere le peculiarità del mezzo e provarne i benefici.
Nessun kit anti-foratura, nessuna pompa, nessuna camera d’aria di scorta: sintomatico che queste biciclette siano utilizzato più per un giro sull’asfalto, magari un po’ accidentato, piuttosto che per un bel giro sui sentieri dolomitici.
La partenza dopo un minimo di spiegazione dei vari sistemi di assistenza alla pedalata, inizia con le prime discussioni sul livello di potenza selezionati: io mi impongo un salomonico Eco per placare i lamenti della mia coscienza, i miei compagni prediligono un più confortevole Tour che dovrebbe adeguare l’assistenza con il tipo di pedalata, con l’innesto di Sport e Turbo quando vogliono togliersi qualche sassolino dalla scarpa e farmi sudare lungo salite impervie e tratti difficili.
Scegliamo un percorso ad anello che prevede una bella salita iniziale con un dislivello di 1.000m circa che ci porterà sotto le Dolomiti di Brenta per poi chiudersi con una discesa verso la partenza. Un misto tra asfalto e sterrati con qualche ciottolato, dove saremo costretti a spingere la bici, un po’ per il rischio cadute e un po’ perché il passaggio in sella è impedito dai cartelli che ci impongono di scendere.
La sensazione lo dico subito è entusiasmante. La velocità in salite dal 6 al 10% è paragonabile a quella che terrei con la bici da strada, anziché con un mezzo che pesa tre volte tanto. Basta poi selezionare un aiuto più deciso per sentire la bici scappare da sotto il sedere. Detto questo quando mio figlio controllava il livello di assistenza del motore, non credendo fossi in grado di reggere e solleticando il mio ego, le gocce di sudore scendevano copiose non come se fossi salito senza motore, ma sicuramente lo sforzo non è stato da poco.
E poi sono arrivati i tratti veramente duri al 20/25% con sassi e buche, a quel punto dando prima uno sguardo ai chilometri di assistenza rimasti, una pressione sul bottone “+” per partire con uno sforzo ben più ridotto, superando agevolmente pendenza e asperità con il minimo contributo muscolare: una gioia.
La croce nella delizia di questo mezzo rimane l’autonomia. Per me che peso attorno agli 84Kg l’autonomia in modalità Eco per il 99% del tempo (provate a chiederlo a mio figlio se non ci credete) è stata di 65Km con circa 2.000m di dislivello. Non poco, considerando che il pubblico di queste bici difficilmente supera i 30/40Km a uscita e con una modalità di supporto più spinta. Resta il fatto che mi sarei aspettato una longevità maggiore delle batterie. Forse condizionate anche dall’uso intenso di un servizio di noleggio.
Chiuso il cerchio e riportata a casa il resto della banda, sono partito per il giro tipico di coloro che prendono l’ebike partendo da Pinzolo: la Val Genova. Una valle stretta e lunga che porta alle pendici dell’Adamello, altri 18Km per salire all’altopiano di Bedole. Anche qui in modalità Eco su salite meno ripide e più costanti dove l’assistenza è stata meno decisa ma pur sempre utile per aumentare la media, facendomi porre diversi dubbi anche sui KOM di Strava…
Arrivo a Bedole salutato da un temporale che mi ha impedito di godere della vista sul ghiacciaio, per cui rientro sotto l’acqua in discesa con il motore spento, seppure in alcuni frangenti il supporto lo si avverte comunque nonostante il superamento dei canonici 25Km/h e la modalità motore sia su “off”.
L’impressione generale è sostanzialmente la conferma di quanto pensavo: il mezzo ideale per diffondere l’uso della bici in luoghi difficilmente raggiungibili da chi non ha le gambe e l’età per farlo. Lo avevo già scritto in occasione della chiusura della Stelvio dello scorso anno quando mio figlio a 9 anni mi ha accompagnato lungo tutta la strada del passo e poi sulle Torri di Fraele. E “purtroppo” devo concordare con quanto scritto da Gio in occasione della prova della Wilier di qualche mese fa. La conferma è arrivata salendo sopra questo mezzo: un giro che avrei potuto percorrere anche con una MTB leggera e non assistita (forse anche con il mio cancello ormai obsoleto), ma che in questo modo mi ha lasciato delle gambe non troppo affaticate, pur con la sensazione di aver spinto per circa 4 ore con la giusta intensità. Quasi certamente sarà il prossimo acquisto per portare tutta la famiglia dove ora salgo solo io, se solo costasse il 50% in meno…
“L’impressione generale è sostanzialmente la conferma di quanto pensavo: il mezzo ideale per diffondere l’uso della bici in luoghi difficilmente raggiungibili da chi non ha le gambe e l’età per farlo.”
Condivido pienamente, ma siamo sicuri che il grande pubblico al quale sono rivolte le e-mountain bike sia in grado di percepire i potenziali pericoli che ciò comporta?
Oltre a gambe ed età, aggiungerei e non trascurerei “tecnica”.
Premessa: Vado “decentemente” in bici dal 2011(lo so, ci son arrivato troppo tardi e me ne rammarico). Nel 2011 non scendevo da un gradino di 20cm. Ora, bene o male (più male che bene, ma fa nulla) mi porto a casa anche qualche PS del circuito enduro.
Quello che però con molta fatica ho imparato a fare in discesa, me lo sono sudato gradualmente prima in salita. “Se non ci arrivo con le mie gambe, forse è troppo anche da fare in discesa, pensaci mentre stai sbuffando se te la senti di farla”…e questo, pur ammettendo qualche spallata, che non mi risparmio.
Ho imparato a districarmi tra mappe/GPS/dislivelli etc..
In vacanza quest’estate in montagna ne ho visti tanti: scarpe da tennis, abbigliamento improbabile, zero cartine e GPS ed una specie di senso di onnipotenza perchè arrivavano, in modalità Turbo, laddove tu sudavi ed arrancavi.
Arrivati in cima, il gruppo si divideva in tre:
– quelli che “ne avevano” anche x scendere ed avevano solo la fronte meno bagnata della tua…nei posti dove i sentieri son segnati bene, ne scegli uno…e via!
– quelli che tornavano da dove erano saliti (dice il saggio:”se la pedali in salita, non è così divertente da fare in discesa”), ma che già lì avevano i loro bei problemi, non avendo mai avuto l’esigenza di frenare nulla, se non una olandesona col cestello al semaforo prima di attraversare….figurati 18-20kg su ghiaioni o strade bianche. Ho rischiato più di una volta una biciclettata forte da uno che proveniva in senso inverso e non riusciva a controllare il mezzo
– quelli che tronfi, visto che erano nello stesso posto dove erano “quelli bravi”, con per giunta meno sudore in fronte…imboccavano la discesa di “quelli bravi”, non avendo idea del fatto che non avrebbero saputo come affrontare certi passaggi, con l’aggravante di doverlo fare con 18-20kg di bici e le scarpe morbide e scivolanti.
E’ un attimo farsi male, ma veramente male..”la montagna per tutti” è un bellissimo slogan, dillo a quegli elicotteristi che vanno a recuperare le signore in montagna coi tacchi, i loro mariti con le infradito bloccati chissà dove…e, a questo punto sempre più spesso, anche improvvisati e-pedalatori
Mah non sono molto convinto di tutti questi rischi. E’ come impedire di noleggiare gli sci a chi si sta avvicinando allo sport. Siamo tutti liberi di scegliere una pista, consapevoli che la nera sia molto difficile. Poi ognuno deve usare la propria intelligenza. Per ora non ho ancora sentito di famiglie perse su percorsi impervi, forse anche perché i noleggiatori consigliano i percorsi migliori in funzione delle capacità dei clienti?