È da un po’ che ci penso. Come uno di quei chiodi fissi, fatti di ritornelli canticchiati o di pensieri che non ti lasciano in pace, che arrivano e battono in testa di solito su una salita che non finisce mai. Vela e bici, bici e vela: in fondo la sensazione di entrare in una rada per gettare l’ancora non è poi così diversa rispetto a quando arrivi a scollinare e ti fermi per goderti quello che hai appena conquistato con le tue gambe.

La sensazione è diventata più forte durante l’ultima pedalata che ci ha portato a fare la prima esperienza di cicloturismo con la Como – Bormio. Ci sono approdi che ti portano verso un porto sicuro, come una casa che conosci, con un letto che ti aspetta per passare la notte, dove di avventuroso c’è il viaggio per raggiungerlo. Ci sono invece approdi da scoprire, dove non sai se l’àncora terrà, se l’onda entrando di traverso non ti permetterà di dormire tranquillo e se soprattutto durante la notte si alzerà il vento.

Un po’ come quando non sai dove trascorrerai la notte dopo una giornata passata in sella, in una bettola dove fuori ci sono tre che giocano a briscola o in un albergo che ospita un matrimonio valtellinese, dove la musica si fermerà forse solo a mezzanotte, come ricorda una gentile receptionist?

Ma poi c’è quel senso di libertà di poter scegliere di andare un po’ dove si vuole. Quale giro facciamo oggi? Quale passo e quale salita pedaleremo? Sono le stesse domande che mi pongo per decidere insieme al mio equipaggio quale sarà la rotta di giornata: andiamo in quel Parco e facciamo una deviazione o continuiamo ad andare verso Sud a scoprire nuove isole? Rallentiamo e passiamo la giornata in quel paese o puntiamo la prua verso una nuova isola?

Ci tengo a puntualizzare che la mia vela, come quella della maggior parte dei velisti, non è lusso, è sicuramente bellezza per i posti in cui normalmente navigo, ma qualcuno la potrebbe anche associare alla sofferenza di non poter utilizzare liberamente l’acqua per lavarsi e per lavare i piatti, all’inclinazione del ponte sotto raffica quando si naviga di bolina, alla valigia che per questioni di spazio, deve essere per forza minimale. Nulla di paragonabile a una ascesa al Mortirolo o al dolore delle gambe sul Gorolo. Ovvio. Ma forse al fatto che la borsa che hai dietro la sella non può contenere i jeans per uscire la sera né il kit in più per essere sicuro di non rimanere senza.

Il silenzio di una andatura di traverso con la barca che viaggia a 6/7 nodi, con solo il vento che suona tra le orecchie, l’ho ritrovato quando finisce un tratto di strada trafficata e ti ritrovi nel nulla con nessuno attorno, dove ci sei tu con la bicicletta e senti solo il sibilo dell’aria che si sposta davanti a te, con le montagne che assistono mute il tuo passaggio.

E poi c’è quell’antagonismo talebano verso i motoscafisti che ne combinano di ogni, fino a rischiare l’incolumità dell’equipaggio, ma che normalmente anche solo a sensazione con la loro onda rovinano la calma sul ponte e rendono la navigazione rumorosa, puzzolente e agitata. Inutile che vi spieghi nulla qui.

Fisicamente il paragone non regge. Ho fatto regate, sempre e solo in acqua dolce. Ma per arrivare a paragonare una semplice granfondo o una salita al Bisbino, non avrei confronti che reggano. Forse certe regate d’altura dove si rimane al timone per ore, con il vento e le onde che impegnano tutto l’equipaggio per giorni. Forse.

E poi ci sono i drittoni con il vento in faccia. Per quelli solo bestemmie, nessuna possibilità di stringere il vento e risalire di bolina. Maledetti.

Posted by Max

Ciclista da quando è nato. Ha provato la sua prima bici da corsa nel 2015 perché si erano esauriti gli sport da lui praticabili e ne è rimasto folgorato: "posso tornare a fare sport senza soffrire di tendinopatia!", per poi tornare a soffrire sulle salite attorno al lago di Como. Lavora in aziende digitali da vent'anni e pratica anche la vela (senza soffrire). Ha una Wilier GTR 2015, una Passoni XXTi Campy Super Record + Bora e una Canyon Neuron. Scrivigli a max@bklk.it

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